Uniti per la sicurezza: il cammino dell’Europa

Ludovica Ferraro –  Riarmo dell’Unione europea

Nel pieno di un’epoca caratterizzata da instabilità geopolitiche, guerre di aggressione e ritorno alla competizione tra grandi potenze, per l’Unione Europea si prospetta la necessità di adattare le proprie politiche di difesa e sicurezza alle sfide contemporanee; ciò, a più forte ragione alla luce del progressivo deterioramento delle relazioni internazionali seguito all’invasione russa dell’Ucraina, che ha evidenziato la necessità di un’azione comune più assertiva, autonoma e tempestiva. Il dibattito sulla sicurezza e sull’autonomia strategica europea non è però un tema nuovo: origina dalla Guerra Fredda e si è sviluppato lungo un percorso accidentato e tortuoso, caratterizzato da ambizioni condivise, numerose fratture ed instabilità[1].

Le origini di una difesa incompiuta

In seguito alla seconda guerra mondiale, i sei Stati fondatori della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA) riconobbero l’esigenza di una difesa comune alla luce dei timori dell’espansionismo sovietico e della necessità di riarmare la Germania Ovest. La difesa costituiva tra l’altro l’opportunità per effettuare un ulteriore salto qualitativo in materia di integrazione. In tale ottica, si giunse il 27 maggio 1952 a Parigi alla firma del Trattato istitutivo della Comunità Europea di Difesa (CED), che prevedeva lo sviluppo di un esercito comune e sovranazionale integrato sotto il comando dell’autorità europea. Tuttavia, la mancata ratifica da parte francese ne decretò il fallimento, evidenziando le innumerevoli difficoltà nel conciliare l’integrazione militare e politica con il principio della sovranità nazionale.

Per diversi decenni, la difesa rimase pertanto una questione in sospeso, demandata al ruolo dirigenziale della NATO e all’ombrello protettivo statunitense, che condusse negli anni della fine della Guerra Fredda a una diminuzione della spesa militare in rapporto al Pil dei vari paesi europei. È solo a partire dalla metà degli anni ’90 che la questione tornò progressivamente ad essere presente nell’agenda europea[2]. Un primo punto di svolta verso un approccio integrato e coeso si ebbe con la nascita dell’Unione Europea Occidentale (UEO), seguita dallo sviluppo della Politica estera e di sicurezza comune (PESC) del Trattato di Maastricht (1992). Tale processo, seppur manchevole di una sufficiente coordinazione tra i diversi Stati, culminò nella Politica di Sicurezza e Difesa Comune (PSDC) istituita dal Trattato di Lisbona (2007). Nonostante i notevoli progressi, la PSDC rimane oggi subordinata alla PESC e soggetta al principio dell’unanimità nel Consiglio dell’Unione Europea: vincolo che ne limita fortemente la reattività e l’efficienza decisionale, in particolare dinanzi a crisi improvvise o a situazioni che richiedano una risposta rapida e decisa. Occorre tuttavia sottolineare il ruolo fondamentale della PSDC nell’orientamento e definizione dell’intervento dell’Unione Europea dinanzi alle crisi internazionali.

La complessa architettura della difesa europea: tra diplomazia, comando e innovazione

Attualmente l’UE dispone di una struttura complessa e articolata per gestire la propria politica di sicurezza e di difesa, ovvero:

  • il Comitato politico e di sicurezza (CPS), che monitora le crisi e contribuisce alla definizione di risposte comuni;
  • il Comitato militare dell’UE (EUMC), che si occupa dello sviluppo e della formulazione di raccomandazioni strategiche da fornire ai ministri della difesa;
  • lo Stato maggiore dell’UE (EUMS), responsabile dell’organizzazione e pianificazione operativa e dell’early warning;
  • il Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE), guidato dall’Alto Rappresentante, coordina l’azione diplomatica e la dimensione civile e militare dell’Unione.

Questi organi sono affiancati dall’Agenzia Europea per la Difesa (AED), che detiene un ruolo essenziale nel favorire l’integrazione e la cooperazione delle capacità militari degli Stati membri promuovendo la ricerca congiunta e l’innovazione tecnologica nel settore militare e della difesa. La sua attività risulta dunque fondamentale per il rafforzamento dell’autonomia strategica dell’UE, riducendo la dipendenza da attori esterni in materia di armamenti, tecnologie avanzate e approvvigionamento. Rilevante importanza riveste inoltre lo European Peace Facility (EPF), un fondo extra-bilancio istituito nel 2021 per finanziare operazioni di pace e forniture militari. Soltanto nel 2023, oltre 5 miliardi di euro sono stati destinati all’Ucraina dall’UE, a testimonianza del suo crescente impegno in contesti di crisi.

La Bussola Strategica: road map per l’autonomia strategica dell’Unione Europea

L’invasione russa dell’Ucraina nel febbraio 2022 ha segnato una frattura di notevole rilevanza nella storia della sicurezza europea. A seguito del conflitto si è registrato in Europa un aumento degli investimenti nel settore della difesa: secondo la Nato infatti, la spesa dei paesi europei ammonta attualmente a 450 miliardi di euro[3]: andamento che potrebbe implicare un ritorno ai complessi anni della Guerra Fredda, quando i paesi Nato ed europei detenevano mediamente dei budget militari pari al 3% del Pil. L’UE ha inoltre adottato il documento “A Strategic Compass for Security and Defence[4], anche noto come “Bussola Strategica”, predisposto prima dell’invasione russa. La Bussola è la concreta manifestazione di una visione integrata e a lungo termine della politica di difesa dell’Unione, rivelante l’importanza della crisi del multilateralismo e dei focolai d’instabilità geopolitica e dei pericoli che ne conseguono. Alla luce di tali sfide, si propongono azioni concrete da attuare entro il 2030, aventi l’obiettivo di rendere l’Unione Europea in grado di rispondere autonomamente alle sfide internazionali. Il documento si articola attorno a 4 pilastri: agire, proteggere, investire, collaborare.

Il primo pilastro, “agire”, prevede il rafforzamento della capacità dell’Unione Europea di intervenire con efficacia in situazioni di crisi, sia in maniera autonoma che con il sostegno di potenze alleate qualora si riveli possibile e/o necessario. A tal fine, risulta essenziale l’operatività della EU Rapid Deployment Capacity (EU RDC), prevista entro il 2025, che conterà 5000 soldati. Il secondo, “proteggere”, prevede il rafforzamento delle forze di intelligence e, più in generale, degli strumenti necessari a contrastare le minacce ibride e le ingerenze da parte di attori esterni, in primis la difesa cibernetica, al fine di affrontare più efficacemente gli attacchi informatici e le ingerenze da parte di attori esterni, rafforzando inoltre i propri interventi nei settori marittimo, aereo e spaziale[5]. Il terzo pilastro, “investire”, relativo per l’appunto agli investimenti in materia di difesa e sicurezza, consiste in una politica che, attraverso il dispiego di maggiori risorse, contribuisca a rafforzare l’autonomia strategica dell’Unione Europea, facendo leva soprattutto sulla Cooperazione strutturata permanente e sul Fondo Europeo per la Difesa; occorre al riguardo segnalare che nel 2024 la spesa militare dei Paesi UE ammonta a 547,5 miliardi di dollari internazionali, superando quella russa del 18,6% [6]: dato rilevante considerando che la gran parte della spesa della Russia è destinata alle riparazioni e ricostruzioni di guerra, mentre quella europea è destinata unicamente al perfezionamento della capacità di difesa[7]. Infine, con riferimento al quarto pilastro “collaborare”, un ruolo fondamentale è riconosciuto ai partenariati che sosterranno l’Unione Europea nel consolidamento di un sistema fondato sul rispetto delle norme del diritto internazionale e sui principi del multilateralismo. Nella “Bussola Strategica” è possibile leggere che saranno mantenuti i partenariati reciprocamente vantaggiosi, al fine di assicurare un impegno condiviso in contesti di crisi, tentando al contempo di intensificare ulteriormente la collaborazione con attori strategici quali la NATO, l’ONU, attori regionali come l’Unione Africana (UA), l’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico (ASEAN), nonché con potenze bilaterali accomunate dagli stessi valori e principi orientanti l’attività dell’Unione Europea (così, ad esempio, Stati Uniti, Canada, Norvegia, Regno Unito e Giappone). Inoltre, il documento dichiara l’intento dell’Unione di esplorare ulteriori possibilità di collaborazione nei territori dei Balcani occidentali, dell’Africa, dell’Asia e dell’America Latina per sostenere con maggiore incisività il consolidato impegno dell’Unione in materia di difesa e sicurezza, contribuendo alla stabilità globale attraverso un approccio multilaterale.

 

Eleonora Boscolo   Riarmo dell’Unione europea (segue)

Rapporto annuale sull’implementazione della Bussola strategica

Il 20 marzo 2023, Josep Borrell[8] ha presentato al Consiglio dei Ministri degli Esteri e della Difesa dell’Unione Europea un aggiornamento sull’attuazione della Bussola Strategica e sull’impegno dell’Unione nel sostegno militare all’Ucraina, emerso come asse portante della strategia europea di sicurezza: lo strumento chiave è stato lo European Peace Facility (EPF)[9]. Inoltre, il 20 marzo 2023, il Consiglio ha approvato la proposta “a tre vie”, con cui sono state illustrate le modalità attraverso cui fornire urgentemente munizioni all’Ucraina, sia attingendo alle scorte esistenti, sia tramite acquisizioni congiunte.

Accanto alle attività addestrative, è stata attivata la Union European Military assistance mission (EUMAM) con lo scopo di addestrare, entro la fine del 2023, 30.000 militari ucraini: l’assistenza complessiva dell’Unione Europea in termini di aiuti macrofinanziari e umanitari per la popolazione ucraina si è attestata oltre i 77 miliardi di euro[10].
Nei confronti della Russia, invece, sono stati adottati 11 pacchetti di sanzioni e si è andata a ridurre la dipendenza energetica da Mosca in termini di importazioni.

Dopo l’invasione da parte russa, l’UE ha deciso di rafforzare il suo sostegno alla sicurezza di altri partner nel mondo, come confermato dalla presenza in Africa occidentale e Sahel (Golfo di Guinea – Niger, con missioni di contenimento del jihadismo e del traffico illegale), in Armenia (con la missione civile EU Mission in Armenia, EUMA, per la stabilizzazione dei confini post-conflitto con l’Azerbaigian), nei Balcani occidentali e nel Caucaso meridionale (specificatamente dove l’Unione Europea presidia aree di crisi emergenti), e infine, nell’Indo-Pacifico (dimostrandosi un affidabile fornitore di sicurezza globale, deterrenza e proiezione strategica).
In un quadro internazionale sempre più fragile, la capacità dell’UE di reagire prontamente alle crisi globali è diventata una priorità strategica.

Qui si colloca anche la EU Rapid Deployment Capacity (EU RDC), prevista entro il 2025. Negli ultimi mesi sono stati compiuti importanti progressi: oltre al rafforzamento dei Battlegroups, è stata delineata la possibilità di impiegare la forza rapida europea in due scenari principali[11]. Per garantirne l’efficacia, è essenziale una struttura di comando solida: entro il 2025, la Military Planning and Conduct Capability (MPCC) dovrà essere in grado di condurre tutte le missioni non esecutive e fino a due operazioni esecutive di media entità.

Parallelamente, l’UE ha adottato un nuovo Piano d’azione sulla mobilità militare, per facilitare il movimento delle truppe, introducendo strumenti per affrontare le minacce ibride e la disinformazione. Un passo importante è stato anche l’avvio della prima Strategia spaziale per la sicurezza e la difesa, che riconosce lo spazio come dominio strategico, da proteggere al pari dei settori cibernetico e marittimo, in risposta alla crescente competizione geopolitica.

Il rafforzamento della sicurezza marittima

Nel marzo 2023, l’Unione Europea ha aggiornato la EU Maritime Security Strategy (EUMSS)[12]. Questo aggiornamento rappresenta un momento cruciale nella ridefinizione del ruolo dell’UE come attore marittimo globale, in un contesto caratterizzato da crescente instabilità, nuove minacce ibride e militarizzazione delle rotte navali.
Tra i principali fattori di rischio individuati si segnalano la competizione per lo sfruttamento delle risorse energetiche, le conseguenze dei conflitti in Libia e Siria, l’intensificarsi di attività illegali nel Mediterraneo e nell’Atlantico – come il traffico di esseri umani, la pesca illegale e il contrabbando – nonché il rischio crescente di sabotaggi ai cavi sottomarini per la trasmissione dati e alle condotte energetiche offshore. A tutto ciò si aggiunge il ritorno della competizione navale tra grandi potenze, in particolare con Cina e Russia, e la crescente territorializzazione dei mari attraverso controversie sulle Zone Economiche Esclusive (ZEE) e dispute di sovranità marittima.
La sicurezza marittima è vitale per la stabilità economica dell’UE: il 75% delle merci che raggiungono l’Europa viaggia via mare, mentre circa il 90% del traffico globale di dati passa attraverso infrastrutture sottomarine. In questo scenario, la libertà di navigazione non è soltanto una questione commerciale, ma una priorità strategica per garantire la resilienza economica e tecnologica dell’Unione.

Per rispondere a queste sfide, l’UE ha rafforzato il proprio impegno operativo attraverso le missioni della Politica di Sicurezza e Difesa Comune (PSDC), attualmente attive in ambito navale: EUNAVFOR Somalia – Operazione Atalanta, mirata a contrastare la pirateria al largo del Corno d’Africa, e EUNAVFOR MED – Operazione Irini, incaricata di monitorare l’embargo sulle armi verso la Libia e contribuire alla stabilizzazione della regione.

A queste si affiancano due ulteriori missioni prorogate fino alla fine del 2024: EUCAP Somalia, per il rafforzamento delle capacità locali, e EUTM Somalia, focalizzata sulla formazione militare. Tali missioni confermano l’impegno crescente dell’Unione non solo nel Mediterraneo, ma anche in aree chiave come l’Africa orientale, dove la sicurezza marittima è indissolubilmente legata a quella globale.

L’impatto della guerra in Ucraina sul settore industriale della difesa in Europa

La guerra in Ucraina ha prodotto effetti dirompenti non soltanto sul piano geopolitico, ma anche su quello industriale e produttivo della difesa europea. Le forniture militari massicce destinate a Kyiv (rese possibili grazie a fondi come lo European Peace Facility), hanno determinato un rapido esaurimento delle scorte di armamenti e munizioni negli arsenali di molti Stati membri, rivelando così una realtà ben nota agli addetti ai lavori ma troppo a lungo ignorata sul piano politico: l’Europa non era pronta a sostenere una guerra lunga sul proprio continente. Ciò in quanto, per decenni, in seguito alla fine della Guerra Fredda, la maggior parte dei Paesi europei aveva ridotto la propria capacità produttiva nel settore militare; il conflitto scoppiato nel febbraio 2022, ha messo in luce le vulnerabilità che da tale scelta sono conseguite. A peggiorare il quadro si è aggiunta la forte dipendenza dell’UE da attori terzi (esempio Russia e/o Cina, sempre più competitive tra loro) per l’approvvigionamento di materie prime strategiche, come terre rare, titanio o litio, fondamentali per la produzione di tecnologia militare. In risposta a queste criticità, la Commissione Europea ha varato una serie di iniziative strategiche, tra cui spicca il Critical Raw Material Act: un piano normativo volto a garantire un accesso più sicuro, diversificato e sostenibile alle risorse cruciali. L’obiettivo dichiarato è quello di rafforzare l’autonomia strategica dell’UE, limitando le vulnerabilità delle catene di approvvigionamento e favorendo lo sviluppo di una base industriale della difesa in grado di rispondere tempestivamente a situazioni di crisi. Il conflitto in Ucraina ha dunque agito come un potente acceleratore di trasformazioni già in corso: se da una parte ha riportato al centro dell’agenda politica europea il tema della produzione militare come questione non solo economica, ma eminentemente strategica, dall’altra parte ha anche segnato una svolta culturale nel modo in cui l’Unione concepisce la propria sicurezza, non più intesa soltanto come cooperazione e prevenzione dei conflitti, ma anche come capacità di dotarsi autonomamente degli strumenti necessari a sostenere operazioni militari prolungate, difendere i propri alleati e garantire la stabilità dei propri confini.

Un esempio in questo senso è la recente adozione, a settembre 2023, del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, che istituisce uno strumento a breve termine per il rafforzamento dell’industria europea della difesa mediante appalti comuni “European Defence Industry Reinforcement through common Procurement Act (EDIRPA)”[13], con dotazione di euro 300 milioni. Il regolamento, specificatamente, mira a rafforzare la base industriale e tecnologica della difesa europea per un’Unione più sicura, promuovendo la collaborazione negli appalti della difesa tra gli Stati membri, mirando a rafforzare la solidarietà, migliorando l’efficienza della spesa pubblica e riducendo al minimo la frammentazione, traducibile in una maggiore standardizzazione dei sistemi di difesa e in una migliore interoperabilità tra le capacità degli Stati membri. Inoltre, questi obiettivi sottolineano l’impegno a rafforzare e far progredire la difesa europea, quindi consentendo all’Unione di affrontare le esigenze urgenti e le critiche di prodotti per la difesa, soprattutto alla luce della risposta europea alla guerra di aggressione della Russia in Ucraina[14].

Le necessità di una visione strategica comune

Risulta evidente quanto il panorama internazionale contemporaneo imponga all’Unione Europea di compiere un salto di qualità nella propria postura geopolitica. Le crisi recenti, dalla caotica ritirata occidentale dall’Afghanistan, al protrarsi del conflitto in Ucraina, fino alla crescente assertività della Cina, hanno reso evidente che l’UE non può più permettersi di agire come un attore politico secondario, né di affidarsi a strutture di sicurezza esterne, come la NATO o la protezione garantita dagli Stati Uniti, per affrontare le minacce globali.

L’Unione Europea ha urgente bisogno di dotarsi di una strategia coerente, condivisa e tempestiva, capace di integrare i diversi strumenti di politica estera e difesa a sua disposizione. Questo richiede una maggiore integrazione decisionale, e in particolare un superamento dei limiti imposti dalla regola dell’unanimità, che ancora oggi caratterizza le decisioni del Consiglio UE in materia di politica estera e sicurezza. Proprio su questo fronte, viene citata l’iniziativa del maggio 2023[15], con la formazione di un “Gruppo di amici” (composto da paesi quali Italia, Francia, Germania, Belgio, Finlandia e altri) volto a promuovere l’adozione del voto a maggioranza qualificata nelle questioni più urgenti della politica estera europea, l’obiettivo è quello di evitare paralisi decisionali in situazioni di crisi e rendere l’UE un attore geopolitico realmente operativo.

Chiara Passanante – Rapporto NATO e USA in termini di Difesa.

 Dalla protezione atlantica all’emergere di una difesa europea autonoma

Sin dalla fine della Seconda guerra mondiale, la sicurezza dell’Europa è stata primariamente garantita dall’Alleanza Atlantica, sotto la guida degli Stati Uniti. La NATO ha rappresentato – e continua a rappresentare – il perno del sistema difensivo europeo. Tuttavia, i cambiamenti nella competizione internazionale, la crescente instabilità globale e le pressioni degli Stati Uniti affinché l’Europa assuma maggiori responsabilità in ambito di sicurezza, hanno portato l’Unione a riflettere con maggiore attenzione sul proprio ruolo nel campo della difesa.

Nel contesto attuale, il legame tra Europa e Stati Uniti rimane fondamentale. La NATO non è considerata solo un alleato militare, bensì un pilastro sul quale poggia lo sviluppo della dimensione europea della sicurezza. L’Unione Europea contribuisce sia attraverso strumenti normativi, che finanziari, sostenendo i propri Stati membri – molti dei quali fanno parte dell’Alleanza – al fine di potenziare le loro capacità militari. In questo quadro, la cooperazione transatlantica si estende anche ad ambiti strategici come la cybersicurezza, la sicurezza marittima e le attività spaziali, evidenziando un rafforzamento del coordinamento tra Europa e Stati Uniti.

Le sfide verso l’autonomia strategica europea

L’Unione Europea ha fissato un obiettivo chiaro: quello di raggiungere una prontezza operativa autonoma entro il 2030[16]. Le iniziative realizzate per raggiungere questo preciso obiettivo – come il piano ReArm Europe – puntano a rafforzare il pilastro europeo della sicurezza con il fine di renderla un partner più efficace e di rilievo strategico, e non per contrapporsi alla NATO.

Ciononostante, il percorso verso una vera autonomia strategica non manca di ostacoli. Le difficoltà persistono, come ad esempio, visioni divergenti tra gli Stati membri, vincoli di bilancio ed una cultura strategica comune ancora in fase di costruzione, nonostante strumenti importanti come la Cooperazione Strutturata Permanente (PESCO), il Fondo Europeo per la Difesa e la Bussola Strategica. Tuttavia, la direzione è tracciata: l’Unione Europea prosegue a lavorare per cercare di dotarsi di capacità operative autonome, con lo scopo di diventare indipendente sulla scena internazionale.

 

Complementarità e cooperazione: il rapporto tra UE, NATO e Stati Uniti

 

Tale ambizione non esclude, ma al contrario richiede, un bilanciamento nei rapporti con gli alleati tradizionali.

Il rapporto tra Unione Europea, NATO e Stati Uniti costituisce un equilibrio complesso, ed allo stesso tempo, essenziale, dato che la cooperazione resta indispensabile per garantire la sicurezza collettiva.[17]

Nella Dichiarazione congiunta tra Unione Europea e NATO del 10 gennaio 2023, firmata dalla Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, dal Presidente del Consiglio Europeo Charles Michel e dal Segretario Generale della NATO Jens Stoltenberg, questa complementarietà è stata chiaramente riaffermata e sottolineata. Il documento mette in risalto in maniera precisa come una difesa europea più forte e stabile contribuisca in modo diretto al rafforzamento della sicurezza transatlantica, evidenziando nuovamente che le capacità sviluppate dall’Unione Europea devono essere coerenti e complementari rispetto alla NATO, e non divergenti rispetto al suo operato. In relazione a ciò, gli Stati Uniti rimangono un partner fondamentale per l’Europa, sia come interlocutore strategico nelle sfide globali che come guida all’interno dell’Alleanza Atlantica.

Di conseguenza, l’autonomia strategica europea emerge sempre più come uno strumento di rafforzamento della cooperazione transatlantica, basato su una capacità europea di agire laddove la NATO non si veda direttamente coinvolta, ed allo stesso tempo fondata su una ripartizione più equa degli oneri. Ed è proprio proprio su questa linea che riesce a svilupparsi il futuro della sicurezza europea – non contro, ma con gli Stati Uniti – in un quadro multilaterale rafforzato da valori comuni.[18]

Bussola Strategica e prospettive future della difesa europea

Matteo Bressan sottolinea come la Bussola Strategica, ed i recenti sviluppi normativi e operativi, evidenziano un percorso ambizioso finalizzato a dotare l’Unione di strumenti capaci di rispondere autonomamente alle crisi.[19] Inoltre, l’analisi di Bressan riporta un punto chiave: la dipendenza strutturale dell’Europa dagli Stati Uniti. Tale dipendenza non può essere superata solamente con dichiarazioni d’intenti, bensì richiede una visione strategica comune, una base industriale e un reale impegno politico. In un mondo multipolare e di fronte all’eventualità di un futuro disimpegno da parte degli Stati Uniti dal continente, l’Unione Europea è chiamata a consolidare la propria autonomia, ma sempre nel quadro di una solida cooperazione transatlantica, nell’ottica di affrontare congiuntamente le nuove sfide globali.

In questo contesto, la Bussola Strategica[20] – seppur non esente da limiti – si configura come un passaggio cruciale nel percorso che conduce verso un’Unione più assertiva e dinamica sul piano della sicurezza. Le nuove priorità scaturite dopo l’invasione russa dell’Ucraina – tra cui lo sviluppo di capacità di dispiegamento rapido, il rafforzamento della sicurezza in ambito marittimo, la tutela delle infrastrutture critiche ed il sostegno all’industria europea della difesa – evidenziano un’agenda concreta e complementare rispetto all’azione NATO, che mira al tempo stesso a preparare l’Unione ad intervenire autonomamente qualora le circostanze lo richiedono.

Va comunque messo in risalto, come rimarca lo stesso Bressan, che ad oggi solo l’Alleanza Atlantica possiede la capacità di mobilitare forze di ampia scala in tempi rapidi, in particolare di fronte a minacce articolate e complesse come quelle provenienti dalla Russia. Alla luce di ciò, l’autonomia strategica europea, per poter essere credibile, ha bisogno di svilupparsi all’interno del perimetro NATO, non fuori da esso, seguendo una logica di rafforzamento reciproco ed integrazione operativa.

L’Europa ad oggi si sta interfacciando con una sfida cruciale: la costruzione delle proprie capacità di difesa per contribuire in modo rilevante ed incisivo alla sicurezza collettiva, senza sganciarsi dai suoi tradizionali alleati.

In un mondo multipolare e con la presenza degli Stati Uniti meno scontata sul continente, l’autonomia strategica non è e non sarà l’obiettivo in sé, ma un mezzo per potenziare la resilienza, la credibilità e la centralità geopolitica dell’Unione Europea. Solo in tal modo sarà possibile garantire un’Europa in grado di agire, cooperare e, quando necessario, guidare.[21]

 

 

Daniela Aruta – Abbiamo davvero compreso la lezione di De Gasperi? Difesa e sicurezza europea tra sogno e realtà

“Non abbiamo bisogno solo della pace tra noi, ma di costruire una difesa comune.” — Alcide De Gasperi

Il sogno di De Gasperi tra difesa comune, pace duratura e sovranità condivisa

Nel secondo dopoguerra, Alcide De Gasperi comprese che la sopravvivenza dell’Europa passava attraverso l’unità politica, economica e militare. De Gasperi riteneva che il progetto europeo poteva ritenersi compiutamente perfezionato solo attraverso la condivisione, non solo di una moneta comune, ma anche di un esercito, trattandosi di due aspetti fondamentali dell’essere stesso di uno Stato. In particolare, il mettere in comune un esercito, implica cedere sovranità nel settore delicatissimo della difesa (quindi avere un livello di fiducia comune; tale cessione di sovranità, lungi dall’essere imposta, deve corrispondere ad una scelta consapevole: fondere le identità nazionali in un’unica forza capace di garantire pace e sicurezza, senza doversi appoggiare a potenze esterne.

Il progetto della Comunità Europea di Difesa (CED), avviato nel 1950, era l’espressione concreta di questo sogno. Avrebbe previsto un esercito integrato sotto un comando comune e De Gasperi riuscì persino a far inserire l’articolo 38 nel trattato che avrebbe istituito la CED, articolo che avrebbe aperto la strada a una comunità politica europea. Tuttavia, nel 1954 il Parlamento francese bocciò la ratifica e anche l’Italia, sebbene formalmente pronta, non portò mai il trattato in Parlamento.

L’Europa della difesa oggi: un progetto incompiuto

Oggi, a settant’anni di distanza, ci troviamo in una situazione paradossale. Da un lato, la crisi ucraina e le tensioni internazionali hanno riportato il tema della difesa al centro del dibattito europeo. Dall’altro, l’Unione Europea resta priva di un vero esercito comune. La difesa dell’Europa è ancora garantita, in larga parte, dagli Stati Uniti attraverso la NATO, ma se domani Washington decidesse di disimpegnarsi, l’Europa sarebbe in grado di reagire?

La risposta, al momento, è incerta. I Paesi membri mantengono visioni divergenti: la Francia rivendica maggiore autonomia strategica, mentre la Germania si muove con prudenza, legata alla cornice atlantica. La frammentazione degli eserciti, l’assenza di una politica estera realmente comune e la mancanza di un’unica visione rendono ancora oggi la sicurezza europea un progetto fragile.

Von der Leyen e l’iniziativa ReArm Europe: un ritorno al sogno o un suo tradimento?

L’11 marzo 2025, la Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen ha citato De Gasperi nel suo intervento al Parlamento europeo. Ha rilanciato il bisogno di una difesa comune, non per “minacciare o conquistare”, ma per “scoraggiare qualsiasi attacco dall’esterno, guidato dall’odio contro un’Europa unita”[22].

La Presidente ha riconosciuto che la pace in Europa non può più essere data per scontata e, in luce di ciò, ha presentato il piano ReArm Europe, che mira a rafforzare le capacità militari europee con fondi, infrastrutture, ricerca e sviluppo. Ci si può chiedere se il piano ricalchi, anche solo in parte, il sogno di De Gasperi.

La risposta al quesito si presenta ambivalente. Se, da un lato, ReArm Europe rilancia la questione della difesa europea, dall’altro sembra in parte tradire l’impostazione degasperiana in cui la difesa è precipuamente intesa, non come corsa agli armamenti, ma come strumento di integrazione politica. L’accento oggi pare posto sulla deterrenza e sul riarmo, mentre per De Gasperi il vero perno della questione era rappresentato dalla fiducia tra gli Stati: il “sogno” consisteva nel costruire la pace attraverso l’unità, e non semplicemente armare l’Europa; si trattava di creare una nuova forma di sovranità, condivisa, politica, che partendo dal presupposto della fiducia arrivasse al concetto di responsabilità comune.

Se De Gasperi vedesse l’Europa oggi…

Se De Gasperi potesse prendere contezza dell’attuale stato della difesa europea, probabilmente direbbe che il suo progetto è stato dimenticato, o quantomeno ridotto a un simulacro. Non esiste ancora un esercito europeo, non esiste una sovranità condivisa sulla difesa e le grandi scelte militari si compiono ancora a livello dei governi nazionali, non a Bruxelles.

Certo, vi sono segni di risveglio. La guerra alle porte dell’Unione ha mostrato con crudezza la necessità di un’Europa capace di difendersi e si è diffuso un crescente consenso intorno all’opportunità della costruzione di una difesa comune. A ben guardare, De Gasperi ci ammoniva, già l’11 dicembre del 1952, …: “è l’occasione che passa e che è perduta se non la si afferra”.

Oggi più di ieri, l’Europa è forse chiamata a diventare “adulta”, nel senso di rendersi indipendente. L’alternativa che si impone appare chiara, delle due l’una: un’Europa sovrana e unita nella difesa, o un’Europa debole, frammentata, e perciò esposta.

Una storia di occasioni perdute

La vicenda della CED fu solo la prima di una lunga serie di fallimenti o rallentamenti sul fronte della difesa europea. Lo ricordano bene Morelli e Bressan[23]: dagli Accordi di Bruxelles (1948), all’Unione dell’Europa Occidentale (UEO), dalla PESC (Politica estera e di sicurezza comune) alla PSDC (Politica di sicurezza e di difesa comune), fino all’attuale Strategic Compass (2022), l’Europa ha spesso preferito la prudenza alla visione, l’intergovernativismo all’unione politica, la dipendenza dalla NATO alla propria autonomia​​.

Con la fine della Guerra fredda, la protezione garantita dagli USA ha cominciato a vacillare, ma gli Stati europei hanno risposto con lentezza. Le divisioni tra i Paesi membri (più atlantisti, come Germania e Paesi Bassi, e più autonomisti, come Francia) hanno paralizzato ogni passo decisivo. Come sottolinea Morelli, l’Europa spende quasi quanto gli Stati Uniti in difesa, ma lo fa in modo inefficiente e frammentato. L’assenza di una industria della difesa comune, di una politica estera unificata, di un comando operativo unico produce duplicazioni e sprechi stimati fino a 100 miliardi di euro all’anno​.

La Strategic Compass adottata nel 2022 rappresenta uno sforzo inedito: prevede quattro pilastri – agire, proteggere, investire, collaboraree mira a rafforzare l’autonomia strategica dell’Unione entro il 2030. Il rischio è che la bussola resti senza nave, ove non vengano superate le logiche intergovernative e ogni Paese continui a muoversi da solo. Invero, le sfide già evidenziatesi e quelle che continuano ad emergere (si pensi al fenomeno dell’ibridazione della guerra, al problema della cybersicurezza, alla necessaria gestione delle risorse naturali, dei flussi migratori, del cambiamento climatico) esigono una risposta europea integrata, che non può più essere rimandata.

 

 

Nancy Varone –  ReArmEU: un sogno di difesa comune che si infrange?

Da tempo, una delle questioni principali, di cui il dibattito sull’effettiva unione degli Stati europei, è incentrato sulla questione del piano “ReArmEU/ Preparati per il 2030”. La Commissione lo ha presentato, insieme al Libro Bianco sulla Difesa Europea, il 19 marzo 2025. La manovra prevede una spesa di 800 miliardi di euro, di cui ogni paese ne finanzierà 150 miliardi, per aumentare le spese militari al fine di colmare lacune in termini di capacità, sostenere l’industria europea della difesa e rafforzarne il mercato, sostenere l’Ucraina, accelerare la trasformazione della difesa, migliorare la posizione dell’Europa agli scenari peggiori, rafforzare il partenariato. La presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha definito necessaria l’esigenza di rafforzare il piano della difesa. ReArmEU sembra rappresentare l’unica scelta di fronte alla situazione di forte instabilità che il Vecchio continente sta vivendo e alle cui porte è minacciato da una guerra che potrebbe espandersi[24].

In questa sede ci si propone di analizzare l’opinione espressa dai principali quotidiani italiani, tedeschi, francesi e spagnoli sul dibattito relativo a ReArmEU, con l’obiettivo di comprendere la visione della stampa europea e rispondere al quesito:“Europa: un sogno(infranto) di difesa comune?”

La stampa italiana dà una panoramica su cosa sia il piano dell’UE e si mostra a sfavore di quest’ultimo evidenziandone le criticità. Avvenire ha parlato più volte del piano, mostrandosi contrario alla sua attuazione. La testata riporta un’intervista fatta a Stefano Zamagni (economista), che mostra tutte le perplessità dell’esperto: “All’Europa invece manca una classe dirigente. Avessimo oggi gli Adenauer, i De Gasperi e gli Schuman… Spetta perciò alla società civile e ai corpi intermedi farsi carico della creazione di nuove istituzioni di pace, muovendosi dal basso. Senza dimenticare che un contributo può arrivare dalle grandi religioni”.[25] Le parole dell’economista rimandano chiaramente al sogno di De Gasperi e Schuman che ora più che mai sembra infranto.

L’articolo di Luca Liverani fa eco alle posizioni assunte dalla testata in merito al dibattito: “150 miliardi di euro ai paesi membri, per riempire arsenali, peraltro già ben forniti […]. Una corsa al riarmo ‘ognun per sé’ ben lontana dall’idea di Difesa comune europea che richiederebbe innanzitutto una Politica estera comune”[26]. Nell’articolo ci si chiede, inoltre, se questa corsa agli armamenti servirà davvero come strumento di deterrenza nei confronti della Russia ostile.

Anche Il Giornale di Italia si mostra fortemente critico nei confronti del piano definendo l’Unione Europea “un treno in corsa verso l’abisso”[27].

Le due menzionate testate giornalistiche, non lontane dal rappresentare l’opinione pubblica del nostro paese, oltre a spiegare in cosa consiste il piano, riportano la posizione delle forze politiche italiane, lo rigettano e ribadiscono la necessità di seguire il sogno degasperiano.

Più neutre si dimostrano le testate maggiori d’Italia che, però, non mancano di mostrare le preoccupazioni in merito al piano. Il Sole 24 ore chiarisce quanto sia importante agire riportando però numerose preoccupazioni:“È positivo che l’Unione europea si ponga il tema della difesa e della sicurezza del continente, ed è fondamentale agire. Tuttavia è importante che le azioni messe in campo abbiano i risultati sperati, altrimenti lo sforzo sarebbe vano”.[28]La Repubblica mostra tutte le critiche apportate al piano da ogni punto di vista, da quello economico, a quello tecnologico:“Acquistare una capacità difensiva coordinata fra gli Stati membri della UE è un percorso irto di ostacoli”.[29] Il Corriere della sera si limita a riportare tutte le posizioni degli esperti e dei diversi partiti italiani in merito al piano[30].

Le testate tedesche si limitano a riportare i fatti senza schierarsi[31], ciò potrebbe almeno in parte derivare dal fatto che il piano è stato proposto dalla tedesca von der Leyen, ex ministra della Cdu (ricordiamo che la Cdu è il partito che ha vinto le elezioni 2025 in Germania), e dal fatto che la Germania è uno dei paesi membri più forti dal punto di vista economico.

I media francesi presentano il ReArmEU come un piano della Commissione europea volto a rafforzare la difesa comune[32], ma le posizioni editoriali al riguardo sono eterogenee: alcuni evidenziano le sfide politiche ed economiche legate al piano, mentre altri esprimono preoccupazioni riguardo alle implicazioni per la democrazia e la sovranità nazionale.

Le Monde descrive il piano come un una mossa industriale senza precedenti, evidenziando dunque gli aspetti economici[33] . Le Figaro sottolinea come la questione della difesa sia ormai diventata una priorità, impiegando significativamente l’avverbio “ormai”, scelta lessicale che denota una preoccupazione riguardo la messa in atto del piano: “Ursula von der Leyen place désormais le réarmement de l’Europe parmi ses priorités”[34].

I media spagnoli invece si schierano, come quelli italiani, in modo molto chiaro, a sfavore del piano. Libre Mercado si tiene su una linea più neutra, facendo leva sugli aspetti economici e  mettendone in evidenza luci e ombre: “No en vano, el riesgo de una desestabilización en el continente es grave. Sin embargo, este ambicioso proyecto tiene luces y sombras”[35]. Più critico si mostra Público definendo il piano non necessario e controproducente, già nel titolo, e quasi accusa la proposta del piano avanzata senza dibattito, enfatizzando i rischi che da ciò possono derivare in punto di rispetto dei principi democratici. “El rearme europeo, innecesario y contraproducente. La Unión Europea ha aprobado un enorme plan de rearme militar de ochocientos mil millones de euros, sin debate ni aval parlamentarios”[36].

In conclusione, i media italiani ed europei, pur mantenendo un certo grado di neutralità, nel descrivere il piano esprimono parimenti talune perplessità. Ciò sembra d’altro canto riflettere le posizioni dei diversi paesi membri in tema di difesa comune, che non sono parse esattamente all’unisono; anzi, per certi versi la proposta di Schuman sembra più lontana che mai. Rispondere alla domanda “Europa: un sogno (infranto) di difesa comune?” è dunque molto difficile. Il piano è stato presentato e ha ottenuto l’approvazione di diversi Paesi, disposti a stanziare i fondi necessari. Tuttavia, in un contesto di crisi come quello attuale, gli Stati membri appaiono disuniti e la manovra adottata non sembra rappresentare una vera soluzione. Da questo punto di vista, l’idea di un’Europa unita potrebbe sembrare un sogno infranto. Eppure, si può ancora considerare questa iniziativa come un segnale dell’urgenza di costruire una difesa comune, nel solco della visione De Gasperi e Schuman.

 

 

[1] Bressan, M. (2024). I progressi sul fronte della politica di difesa. In G. Amato & N. Verola, Europa tra presente e futuro (pp. 613-622). Istituto della Enciclopedia Italiana Giovanni Treccani.

[2] Garlaschi, M., & Ricciardi, G. (4 marzo 2022). Le spese militari nel mondo dagli anni Sessanta. Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani. https://osservatoriocpi.unicatt.it/cpi-040322-spese-militari-nel-mondo-dagli-anni-sessanta .

[3] Carboni, T. (15 gennaio 2025). A che punto è l’aumento delle spese militari dei paesi Nato. Forbes Italia. https://forbes.it/2025/01/15/spese-militari-punto-paesi-nato/ .

[4] Council of the European Union. (Marzo 2022). A Strategic Compass for Security and Defence: For a European Union that Protects Its Citizens, Values and Interests. Brussels.

[5] Bressan, M. (2024). I progressi sul fronte della politica di difesa. In G. Amato & N. Verola, Europa tra presente e futuro (pp. 613-622). Istituto della Enciclopedia Italiana Giovanni Treccani.

[6] Capacci, A., Cignarella, C., & Cottarelli, C. (22 febbraio 2025). Facciamo chiarezza: nel 2024 la spesa militare europea eccedeva quella russa del 58%. Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani. https://osservatoriocpi.unicatt.it/ocpi-pubblicazioni-facciamo-chiarezza-nel-2024-la-spesa-militare-europea-eccedeva-quella-russa-del-58 .

[7] Al riguardo, giova notare che andrebbe forse sollecitato l’investimento in spese militari in tutti quei paesi che, come l’Italia, devolvono meno del 2% del proprio Pil. https://osservatoriocpi.unicatt.it/ocpi-pubblicazioni-facciamo-chiarezza-nel-2024-la-spesa-militare-europea-eccedeva-quella-russa-del-58 .

[8] Josep Borrell è l’Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e per la Politica di Sicurezza, e infine, vicepresidente della Commissione europea. Disponibile in Borrell: chi è costui? | Notizie Geopolitiche

[9] fondo extra-bilancio creato nel 2021 per prevenire i conflitti, per finanziare missioni militari e operazioni di assistenza, per costruire la pace e rafforzare la sicurezza internazionale.

[10] Solidarietà dell’UE con l’Ucraina – Consilium

[11] Questi due scenari principali si dividono in: 1) operazioni di evacuazione, 2) gestione delle fasi iniziali di stabilizzazione.

[12] Strategia che risponde alla necessità di tutelare gli interessi europei in mare, rafforzando le capacità di difesa in ambito sia civile che militare.

[13] Strumento che si inserisce accanto ad altri come l’European Defence Fund (EDF), necessario ad accelerare l’approvvigionamento di armamenti, garantendo che gli Stati membri possano acquistare insieme, e non in modo frammentato, tutti i mezzi necessari a colmare le proprie lacune militari.

[14] Regolamento (UE) 2023/2418 del Parlamento Europeo e del Consiglio, 18 ottobre 2023. Disponibile in: Regolamento (UE) 2023/2418 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 ottobre 2023, sull’istituzione di uno strumento per il rafforzamento dell’industria europea della difesa mediante appalti comuni (EDIRPA)

[15] Bressan, M. (2024). I progressi sul fronte della politica di difesa. In G. Amato & N. Verola, Europa tra presente e futuro. Istituto della Enciclopedia Italiana Giovanni Treccani, (pp. 613-622).

[16] Consiglio dell’Unione Europea, marzo 2022. Una bussola strategica per la sicurezza e la difesa – Per un’Unione europea che protegge i suoi cittadini, i suoi valori e i suoi interessi e contribuisce alla pace e alla sicurezza internazionali. Disponibile in: https://www.consilium.europa.eu/it/documents-publications/publications/strategic-compass-2022/

[17] Commissione Europea & Alto Rappresentante dell’Unione per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza. (2025) Libro bianco congiunto sulla prontezza alla difesa europea per il 2030.

[18] Consiglio dell’Unione Europea & NATO. (2023). Dichiarazione congiunta sulla cooperazione UE-NATO, 10 gennaio 2023. https://www.consilium.europa.eu/it/press/press-releases/2023/01/10/eu-nato-joint-declaration-10-january-2023/

[19] Bressan, M. (2024). I progressi sul fronte della politica di difesa. In G. Amato & N. Verola, Europa tra presente e futuro. Istituto della Enciclopedia Italiana Giovanni Treccani.

[20] Consiglio dell’’Unione Europea. (2022). Una bussola strategica per rafforzare la sicurezza e la difesa dell’’UE nel prossimo decennio. https://www.consilium.europa.eu/it/press/press-releases/2022/03/21/a-strategic-compass-for-a-stronger-eu-security-and-defence-in-the-next-decade/

[21]  Bressan, M. (2024). I progressi sul fronte della politica di difesa. In G. Amato & N. Verola, Europa tra presente e futuro. Istituto della Enciclopedia Italiana Giovanni Treccani.

[22] Discorso della Presidente von der Leyen al dibattito congiunto in plenaria del Parlamento europeo sulle riunioni del Consiglio europeo e sulla sicurezza europea, 11 marzo 2025.  https://agenparl.eu/2025/03/11/discorso-della-presidente-von-der-leyen-al-dibattito-congiunto-in-plenaria-del-parlamento-europeo-sulle-riunioni-del-consiglio-europeo-e-sulla-sicurezza-europea/

[23] Europa tra presente e futuro, a cura di Nicola Verola e Giuliano Amato, Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani, Roma, 2024.

[24]https://italy.representation.ec.europa.eu/notizie-ed-eventi/notizie/la-commissione-presenta-il-libro-bianco-sulla-difesa-europea-e-il-piano-rearm-europepreparati-il-2025-03-19_it

[25] Avvenire, mercoledì 5 marzo 2025.

[26] Avvenire, venerdì 14 marzo 2025.

[27]https://www.ilgiornaleditalia.it/news/esteri/688344/rearm-europe-von-der-leyen-piano-guerra.

[28]https://www.ilsole24ore.com/art/difesa-europea-serve-fondo-intergovernativo-i-paesi-ue-che-ci-stanno-piu-uk-e-norvegia-AGDqudMD

[29]https://www.repubblica.it/tecnologia/2025/03/12/news/rearm_europe_esercito_europeo_istituti_di_vigilanza_privati_psp-424058407/

[30]https://www.corriere.it/il-punto/prima-ora/25_marzo_21/europa-divisa-fondi-riarmo-1.shtml

[31]https://www.sueddeutsche.de/politik/europa-verteidigung-ruestung-rearm-schulden-eu-kommission-leyen-li.3213279

https://www.sueddeutsche.de/meinung/ruestung-sicherheitspolitik-debatte-aufruestungsplaene-europa-italien-kommentar-li.3233335?reduced=true

https://www.welt.de/politik/ausland/article255627866/EU-Gipfel-reagiert-mit-massiver-Aufruestung-auf-Trump-Das-steht-in-der-Abschlusserklaerung.html?icid=search.product.onsitesearch

[32]https://www.lesechos.fr/monde/europe/bruxelles-devoile-son-plan-pour-rearmer-leurope-2154678

[33]https://www.lemonde.fr/en/les-decodeurs/article/2025/03/14/can-europe-rearm-and-defend-itself-without-the-us_6739129_8.html

[34]https://www.lefigaro.fr/conjoncture/finances-publiques-industries-de-defense-l-unite-des-europeens-mise-a-l-epreuve-du-rearmement-20250312

[35]https://www.libremercado.com/2025-03-05/santiago-sanchez-las-luces-y-las-sombras-del-plan-rearm-europe-una-inversion-militar-sin-precedentes-7226821/

[36]https://www.publico.es/opinion/columnas/rearme-europeo-innecesario-contraproducente.html

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