Il 25 ottobre 2025 si è tenuto presso l’Università LUMSA di Roma l’evento “From Heritage to Horizon: Youth as Cultural Bridges in ASEAN–Italy Relations”, organizzato congiuntamente dall’ASEAN Youth Organization (AYO) e dal Cenacolo di Studi Diplomatici e Internazionali della LUMSA (CSDI), in collaborazione con l’Osservatorio Germania-Italia Europa (OGIE). L’incontro si è svolto in lingua inglese ed è stato seguito da numerosi partecipanti anche online. L’occasione ha riunito docenti, ricercatori e studenti per riflettere sul ruolo delle giovani generazioni nella costruzione di ponti culturali e diplomatici tra il nostro paese e quelli dell’ASEAN, in un contesto globale segnato da frammentazione e incertezza.
Dopo i saluti introduttivi della prof.ssa Sheila Chapman, ordinario di Economia presso l’Università LUMSA, e del dott. Daniele Scano, membro CSDI e OGIE, i lavori sono proseguiti con un’analisi densa e articolata delle relazioni tra ASEAN ed Europa, lette attraverso la prospettiva del dialogo giovanile e della cooperazione internazionale.
Il dibattito, moderato dal dott. Lorenzo Corazza, membro CSDI e OGIE, ha visto la partecipazione dei professori Pietro Paolo Masina, docente di Storia dell’Asia Orientale presso l’Università di Napoli “L’Orientale”, Paolo Serpi, docente di Storia e Analisi delle Crisi Internazionali all’Università LUMSA, e Raffaela Merlini, docente di Lingua e Traduzione Inglese presso la LUMSA, con il contributo in videocollegamento di Robi Kate, Engagement Director dell’ASEAN Youth Organization.
Il ruolo del confronto in un mondo frammentato
Il prof. Masina e il prof. Serpi hanno evidenziato da subito, come il legame tra l’ASEAN e l’Unione Europea può costituire oggi un fattore equilibratore in un contesto globale segnato da crescenti tensioni geopolitiche e divisioni culturali. In tale scenario, le nuove generazioni assumono un ruolo strategico come mediatori interculturali, capaci di coniugare memoria storica e visione del futuro. La prospettiva di un mondo sempre più frammentato è emersa come una preoccupazione condivisa. Come hanno ricordato gli esperti, la storia insegna che i periodi di frammentazione sono spesso seguiti da fasi di forte conflittualità internazionale. Da qui la necessità di promuovere un cammino fondato sul confronto, sulla cooperazione e sulla diplomazia culturale. L’obiettivo è quello di contribuire alla costruzione di un futuro più stabile, inclusivo e sostenibile, in cui le connessioni tra popoli e culture diventino il vero motore di equilibrio globale. I Paesi dell’ASEAN rappresentano, in questo senso, un esempio virtuoso: negli anni hanno saputo collaborare e ridurre tensioni, anche sullo sfondo della loro grande diversità politica, culturale e religiosa.
Ma uno scambio profondo e proficuo è possibile solo attraverso un’interazione autentica, fondata sul rispetto e sulla comprensione reciproca, ha sottolineato la prof.ssa Raffaela Merlini evidenziando l’importanza di promuovere un dialogo maturo e privo di pregiudizi, ispirato al concetto di cultural liminality, che la docente ha coniugato alla realtà in esame. Troppe volte infatti quell’interazione rischia di mantenere ciascuna parte ancorata alla propria visione, senza dar vita a una vera sintesi condivisa. Il prodotto nuovo dello scambio, frutto dell’incontro e non della semplice coesistenza, diventa possibile solo quando si accetta di abitare uno spazio intermedio, in cui non si rinuncia alla propria identità ma si è disposti ad accogliere anche quella dell’altro. Questo approccio, mutuato da studi linguistici, antropologici e culturali, descrive quell’area di confine in cui identità e culture diverse si incontrano, interagiscono e danno vita a nuove forme di intesa reciproca. Accettare questa liminalità significa superare logiche rigide di appartenenza e aprirsi alla complessità del mondo contemporaneo, favorendo una diplomazia ed un dialogo capace di oltrepassare stereotipi e barriere percettive, sempre più evidenti nella società di oggi.
L’etica dell’Intelligenza Artificiale: una sfida comune del nostro tempo
Riprendendo dal prezioso contributo dei docenti, la seconda parte dell’incontro, la tavola rotonda “Youth and Digital Diplomacy in a Fragmented World”, moderata da Yen-Nhi Tran della ASEAN Youth Organization, ha posto al centro del dibattito il ruolo della tecnologia come strumento etico e inclusivo per la costruzione di un futuro sostenibile. Il titolo evocativo dell’evento, “From Heritage to Horizon”, ha invitato i partecipanti a riflettere su come declinare il patrimonio del passato, fulcro dei nostri valori, sguardi sul mondo e modelli culturali, con le sfide e le opportunità del futuro. In questo contesto, le nuove tecnologie non potevano che costituire un ambito centrale di riflessione. L’Intelligenza Artificiale rappresenta una delle frontiere più complesse e decisive del nostro tempo: una tecnologia capace di ampliare le possibilità dell’uomo, ma anche di metterlo di fronte a interrogativi profondi sul significato stesso del progresso.
Questa tecnologia pone di fronte a sfide che non riguardano soltanto l’aspetto tecnico di questi sistemi, ma soprattutto la loro dimensione umana. Molte delle questioni etiche legate al suo utilizzo rimandano in ultima analisi a un problema più profondo: quello dell’uomo e dei principi che guidano le sue scelte. Con questo deficit iniziale, che non è imputabile tanto alla tecnologia quanto alla difficoltà dell’uomo di tradurre i valori e i dilemmi morali in linguaggi e processi computazionali, il rischio di sviluppare sistemi incapaci di riflettere una vera guida etica è molto alto. Spesso sono proprio le questioni morali ed etiche a trovarsi al centro delle riflessioni di studiosi e pensatori contemporanei che si occupano di questo ambito di ricerca: chi decide cosa è giusto, e in base a quali principi, se persino gli esseri umani spesso scelgono strade diverse? In un mondo in cui l’automazione è ormai profondamente intrecciata con la vita quotidiana, questi interrogativi diventeranno sempre più cruciali per il buon funzionamento delle società umane. Non c’è dubbio che questo sarà certamente uno dei compiti più complessi: insegnare ai sistemi di intelligenza artificiale non solo a compiere scelte, ma anche a sviluppare uno sguardo sul mondo che sia davvero “human-centred”, capace cioè di riflettere i valori, i principi e le sensibilità dell’essere umano nella sua complessità. Solo in questo modo la tecnologia potrà contribuire a un progresso reale e funzionale per tutti.
Una tecnologia a misura di diversità per le società di oggi
Riprendendo il filo della riflessione, gli studenti provenienti da numerose università della capitale hanno contribuito con interventi e domande su come la trasformazione digitale possa tradursi in un motore di progresso sostenibile e coesione sociale. Nel corso del dibattito, la dott.ssa Alessia Virgili e la dott.ssa Chiara Passanante, membri CSDI e OGIE, hanno approfondito il tema dei bias nei sistemi di intelligenza artificiale e delle diverse strategie di regolamentazione adottate a livello internazionale. In particolare è stato approfondito come la prevenzione dei pregiudizi esistenti nei sistemi di intelligenza artificiale richieda un impegno congiunto sul piano normativo e culturale, in grado di garantire trasparenza, responsabilità e tutela dei diritti fondamentali. Un confronto costante tra le esperienze europee e quelle dei paesi ASEAN, rappresenta un’importante opportunità per sviluppare una governance dell’AI realmente etica, inclusiva e condivisa.
Dagli interventi e le riflessioni emerse nel confronto con gli altri partecipanti, è stato richiamato il tema del mantenimento delle identità culturali non adeguatamente rappresentate nei dataset di addestramento dei modelli AI, come nel caso delle piccole comunità indigene, i cui tratti linguistici e culturali rischiano di essere trascurati. Allo stesso tempo, è stata evidenziata la straordinaria opportunità offerta da queste tecnologie nel supportare persone con disabilità, ad esempio attraverso strumenti dedicati a chi vive con condizioni di cecità, disturbi neurologici o limitazioni motorie, che possono favorire una reale inclusione e partecipazione nella vita sociale ed educativa.
La conferenza ha confermato l’importanza della partecipazione dei giovani alla discussione di questi temi centrali per il futuro, necessaria per affrontare le sfide globali e mantenere vivo il confronto tra culture e regioni del mondo. Dalle conversazioni e dagli scambi tra partecipanti è emerso come l’innovazione tecnologica, se guidata da principi etici e interculturali, possa diventare un vero e proprio canale di collegamento tra le comunità umane, capace di unire e non dividere le società di oggi.
Iniziative come quella tenuta all’Università LUMSA rappresentano un impulso a nuove forme di collaborazione interculturale, capaci di valorizzare il ruolo dei giovani come protagonisti del cambiamento. L’incontro, reso possibile dalla sinergia tra l’ASEAN Youth Organization, il Cenacolo di Studi Diplomatici e Internazionali e l’Osservatorio Germania Italia Europa si è concluso, lasciando molte questioni ancora aperte. Ma i partecipanti hanno sfruttato al massimo una splendida atmosfera di confronto e collaborazione, che ha permesso di avvicinare prospettive diverse e gettare le basi per una cooperazione sempre più intensa nella costruzione del mondo di domani. Un primo passo importante, che dimostra la volontà di giovani ed esperti di non interrompere quel dialogo che, oggi più che mai risulta imprescindibile.