9 novembre: lo Schicksalstag dei tedeschi.

Street art di una trabant, tipica auto tedesca, che rompe il Muro di Berlino
OGIE

«Il 9 novembre è una data che ai tedeschi cambia il destino», così Joachim Klose, delegato della Konrad-Adenauer-Stiftung per la Sassonia e direttore del Politisches Bildungsforum Sachsen.

In effetti, quella di oggi è, per il popolo tedesco, una data significativa, ricca di eventi che hanno segnato, in maniera sia positiva sia negativa, la sua storia. Al riguardo, i media e gli storici tedeschi sono soliti utilizzare il termine Schicksalstag, ossia ‘giorno del destino’.

Ma andiamo un po’ a ritroso nel tempo e cerchiamo di capire a quali eventi “fatali” – perché, per l’appunto, voluti dal fato e perché cruciali e gravidi di conseguenze importanti per la Germania (e per l’Europa) – è collegato questo giorno.

Tutti gli eventi “fatali” del 9 novembre

Anzitutto, l’esecuzione, nel 1848, di Robert Blum, membro dell’Assemblea nazionale tedesca, nella chiesa di San Paolo a Francoforte, segnò il fallimento del tentativo di unificazione democratica della Germania; nel 1918, invece, dal balcone del Reichstag a Berlino, Philipp Scheidemann proclamò la fine della monarchia e l’inizio della Repubblica tedesca, che, tuttavia, ebbe vita breve; nel 1923 fallì il colpo di Stato – noto come Putsch di Monaco –, organizzato dai componenti del patito nazional-socialista tedesco guidati da Adolf Hitler; nella notte tra il 9 e il 10 novembredel 1938, poi, i nazisti diedero alle fiamme le sinagoghe di tutta la Germania e saccheggiarono i negozi ebraici in diverse città tedesche, infrangendone le vetrate – da qui il nome di Notte dei cristalli, in tedesco Kristallnacht.

30 anni dalla Caduta del Muro di Berlino

E giungiamo, infine, al 9 novembre 1989, giorno in cui, ormai 30 anni fa, cadde la frontiera tra i due Stati tedeschi: il Muro di Berlino.
Una vera e propria cicatrice, simbolo della divisione di un popolo, di una città, di uno Stato e del mondo in due blocchi contrapposti. Costruito nella notte tra il 12 e il 13 agosto del 1961 dal governo della Repubblica democratica tedesca (Rdt o Deutsche Demokratische Republik, DDR) allo scopo di bloccare le numerose fughe dei cittadini dell’Est verso Berlino Ovest e verso la Repubblica federale tedesca (Rft o Bundesrepublik Deutschland), dove le condizioni di vita erano migliori, il muro separò amici e famiglie per più di un quarto di secolo e costò la vita a oltre 600 persone, uccise dalle guardie di confine nel tentativo di oltrepassarlo.

La sua caduta, di conseguenza, rappresenta emblematicamente l’avvio della Riunificazione della Germania e la fine della Guerra fredda e della divisione tra Est e Ovest.

Cosa accadde in quella notte storica?

Tutto ebbe inizio durante la conferenza stampa che il portavoce della Rdt, Günter Schabowski, tenne la sera del 9 novembre per annunciare la concessione di permessi di transito verso l’Ovest per i cittadini della Rdt. Alla domanda estremamente provocatoria del giornalista Riccardo Ehrman (italiano), che gli chiedeva quando sarebbe entrata in vigore questa decisione, Schabowski rispose: «Ab sofort! Unverzüglich (‘Da subito! Immediatamente’)». In realtà l’ordine sarebbe dovuto divenire esecutivo solo qualche giorno dopo, per permettere alle autorità di confine di gestire le richieste.

La folla pacifica che il 9 novembre 1989 scavalcò il muro tra abbracci e lacrime di gioia, segna senza dubbio uno dei momenti più belli e felici della storia tedesca, nonché il successo della rivoluzione democratica del 1989, del resto l’unica rivoluzione tedesca dall’esito positivo.
Nei giorni seguenti iniziò lo smantellamento del Muro, che perse ogni sua funzione.

Una «grande trasformazione»

La Riunificazione divenne ufficiale il 3 ottobre 1990: in quella data la DDR cessò di esistere e il suo territorio venne inglobato nell’attuale Repubblica federale di Germania.
«Jetzt wächst zusammen, was zusammengehört (Ora, finalmente, ciò che si appartiene cresce insieme)», ebbe a dire Willy Brandt, già cancelliere della Rft.

E noi, oggi, a trent’anni di distanza, siamo qui a celebrare questo avvenimento che fu il preludio – non solo per la Germania, ma anche per l’Europa (e per il mondo) – di una «grande trasformazione»[1].


[1] Bolaffi, A., Cuore tedesco, Donzelli, Roma, 2013, p. 25.

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