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Nonostante i numerosi progressi raggiunti negli ultimi decenni, la questione delle libertà e dei diritti umani fondamentali rimane di drammatica attualità nell’ Unione europea. La ricerca condotta in questa terza area tematica ha posto attenzione su questioni notevolmente critiche che mettono in luce i limiti che ancora caratterizzano questo lungo percorso, frutto di numerosi Trattati che nel tempo si sono susseguiti e del dialogo importante tra la Corte di giustizia e le Corti costituzionali italiana e tedesca.
Particolare attenzione è stata dedicata al rispetto dello Stato di diritto, principio chiave degli Stati democratici, nonché uno dei valori fondamentali necessario per il funzionamento dell’Unione. Senza questo, infatti, gli altri valori fondamentali – tra tutti, i diritti fondamentali e la democrazia – non potrebbero esistere né trovare applicazione. La partecipazione attiva dei cittadini e delle organizzazioni della società civile alla vita politica rappresenta un aspetto fondamentale dei sistemi democratici. La qualità stessa della democrazia, infatti, dipende, tra le altre cose, dalla natura del rapporto tra cittadini e istituzioni che caratterizza un sistema politico. Sebbene i trattati internazionali e quelli europei riconoscano i valori fondamentali e siano diretti a garantirne l’applicazione e la tutela, alcuni Stati come la Polonia e l’Ungheria si sono resi più volte protagonisti della violazione dei principi cardine del diritto internazionale e del processo di integrazione europea. In particolare, sono stati richiamati numerose volte dalle istituzioni dell’UE per la violazione grave dei principi previsti dall’art. 2 del TUE, distanziandosi sempre di più dagli standard internazionali ed europei sullo Stato di diritto. Le istituzioni dell’UE hanno condannato, almeno in linea di principio, tali violazioni. Di fatto, però, non sono mai state attivate vere e proprie procedure sanzionatorie, se non in rarissimi casi recenti. Ad oggi sono circa duecento le procedure di infrazione che l’Europa ha avviato contro la Polonia, molte delle quali riguardano lo Stato di diritto e sono state aperte negli ultimi quattro anni.
Di cruciale importanza per la nostra ricerca è stato inoltre l’approfondimento condotto sul ruolo e sulla condizione delle donne migranti nell’UE, nell’ambito dell’analisi della strategia per la parità di genere 2020-2025. Nonostante l’UE abbia compiuto anche in questo campo notevoli progressi negli ultimi decenni per quanto riguarda la parità di genere, le disparità tra donne e uomini in Europa (UE-27) persistono tutt’oggi: nel mercato del lavoro, ad esempio, le donne guadagnano in media il 14,1% in meno all’ora rispetto agli uomini (dato Eurostat per il 2019), con differenze significative tra i vari Paesi, e continuano a essere sovra-rappresentate nei settori peggio retribuiti e sotto-rappresentate nelle posizioni apicali. Le donne migranti, nello specifico, vivono di uno stato di particolare vulnerabilità determinato dal loro essere donne e straniere. La possibilità che i loro diritti vengano riconosciuti necessita ancora di particolari condizioni sociali, normative, e organizzative che devono essere prima di tutto definite e poi difese.
Per concludere, nel nostro discorso non possiamo non tenere in considerazione la riflessione che lo scenario internazionale attuale impone sulla tutela della democrazia e dei diritti umani, alla luce dell’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione russa.