Democrazia, stato di diritto e tutela dei diritti umani nell’UE: il caso della Polonia

Il funzionamento stesso dell’Unione e del suo mercato interno è minacciato se in uno dei suoi Stati membri non vengono più rispettati i valori fondamentali, in particolare lo Stato di diritto.

Frans Timmermans, 12 aprile 2017 (1)

La tutela dei diritti fondamentali nell’Unione Europea è un argomento molto complesso e ampiamente discusso. Sebbene i trattati internazionali e quelli europei li riconoscano e siano diretti a garantire la loro applicazione e tutela, alcuni Stati come la Polonia e l’Ungheria si sono resi protagonisti della violazione dei principi cardine del diritto internazionale e del diritto dell’Unione Europea sui diritti fondamentali. In questa sede si cercherà di analizzare il rispetto dello Stato della democrazia, dello Stato di diritto e della tutela dei diritti umani in Polonia, nonché gli ultimi casi che l’hanno vista coinvolta in sede UE.

Secondo l’art. 2 del TUE, “l’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini.(2)

La Polonia, dopo la vicina Ungheria, è stata richiamata numerose volte dalle istituzioni dell’Unione per la violazione grave dei principi di cui l’articolo 2 sopra citato. Lo Stato di diritto è un principio chiave degli stati democratici, secondo cui il potere giudiziario è indipendente dagli altri poteri, ossia quello legislativo ed esecutivo. È anche una condizione senza la quale gli altri valori fondamentali dell’Unione, a cominciare dai diritti fondamentali e dalla democrazia, non verrebbero più rispettati. Ciò minerebbe non solo l’efficace applicazione del diritto dell’UE, come il corretto funzionamento del mercato interno, il mantenimento di un contesto propizio agli investimenti, ma persino la fiducia reciproca fra gli Stati membri. Dunque, lo Stato di diritto è capitale per lo stesso funzionamento dell’Unione ed ha come essenza ultima la tutela giurisdizionale effettiva, come l’autonomia, la qualità e l’efficienza dei sistemi giudiziari nazionali. 

Dopo le elezioni del novembre 2015 che hanno visto vincere il Primo ministro polacco, Mateusz Morawiecki, la Commissione e successivamente il Parlamento europeo si sono attivati per scongiurare un deterioramento ulteriore dello Stato di diritto in Polonia. Le riforme introdotte dal partito Diritto e giustizia (Prawo i Sprawiedliwość, PiS) hanno comportato sostanziali cambiamenti del sistema giudiziario nazionale, ove l’esecutivo ha ampi margini di controllo sulla magistratura. Dal 2015 ad oggi, il Governo polacco ha adottato una serie di leggi che hanno riformato la Corte costituzionale, la Procura Generale, il Consiglio nazionale della magistratura (CNJ), i Tribunali ordinari, il Tribunale costituzionale (TC) e la Corte suprema (CS). (3)

L’obiettivo che la maggioranza di governo ha cercato di attuare, attraverso una serie di emendamenti, è la nomina dei propri sostenitori nella composizione della Corte costituzionale, ostacolando il funzionamento indipendente del sistema giurisdizionale e facendolo diventare de facto uno strumento in mano al governo. Con la legge di riforma della Procura del 4 marzo del 2016, in cui le posizioni del Ministro della Giustizia e del Procuratore sono state unificate in una sola persona, la Polonia si è distanziata sempre di più dagli standard internazionali ed europei sullo Stato di diritto.

Quali sono state, dunque, le risposte internazionali ed europee? 

Una delle prime risposte a livello internazionale è giunta dalla Commissione di Venezia, l’organo consultivo del Consiglio d’Europa, la quale ha ritenuto inammissibili le leggi finora adottate, in quanto creano seri ostacoli al funzionamento efficiente della Corte costituzionale. Nello specifico: 

  1. L’abbassamento del quorum e l’abolizione della maggioranza qualificata di due terzi per l’assunzione delle decisioni;
  2. Il pericolo di politicizzazione del Tribunale attraverso la possibile avocazione di un caso da parte del Presidente della Corte, senza la possibilità di impugnazione;
  3. La nomina del Presidente della Corte da parte del Presidente della Repubblica tra una rosa di tre candidati proposti dall’assemblea generale.

Per quanto concerne l’Unione Europea, nel marzo 2014, la Commissione è intervenuta utilizzando per la prima volta la procedura denominata «Nuovo quadro dell’UE per rafforzare lo Stato di diritto». (4) Uno degli aspetti innovativi del nuovo quadro è quello di conferire all’Unione il potere di intervenire per tutelare lo Stato di diritto anche nei settori concernenti l’azione autonoma degli Stati membri, il che trova giustificazione nel fatto che, come si è sottolineato più sopra, la violazione di tale valore fondamentale rischia di pregiudicare gli stessi fondamenti dell’Unione Europea, basati sulla reciproca fiducia tra gli Stati membri. 

In primo luogo, la Commissione ha cercato di avviare un dialogo con il governo polacco (indirizzando a quest’ultimo ben quattro raccomandazioni sullo Stato di diritto), con l’obiettivo di arrivare ad una soluzione bilaterale. A fronte della sostanziale indifferenza ed inerzia dell’esecutivo di Morawiecki, la Commissione si è avvalsa dell’articolo 7 del TUE. 

I meccanismi valutativo e sanzionatorio a cui si riferisce l’art. 7 TUE, che si snoda attraverso tre fasi (valutazione, raccomandazione, monitoraggio), sono stati inseriti per la prima volta nei trattati UE attraverso il trattato di Amsterdam (1997) e sono stati ulteriormente modificati con il meccanismo preventivo dal trattato di Nizza (2001). L’obiettivo è quello di conferire il potere di controllare e, in ultima istanza, di imporre sanzioni nell’ipotesi in cui i valori dell’UE siano in pericolo e nella situazione in cui vi sia un chiaro rischio di una grave persistente violazione dei valori di cui all’art.2 da parte di uno Stato membro. 

Nel novembre del 2017, il Parlamento ha deciso con 438 voti favorevoli, 152 contrari e 71 astensioni di preparare una richiesta formale affinché il Consiglio attivasse il meccanismo preventivo di cui all’articolo 7, paragrafo 1 TUE. (5) In un contesto in cui si verifichino le condizioni sopra citate, il Consiglio ascolta lo Stato membro in questione e può indirizzare allo stesso delle raccomandazioni ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, del TUE. L’avviso pubblico di cui all’articolo 7(1) è spesso indicato come il braccio preventivo della procedura, mentre la dichiarazione che vi è una violazione, potenzialmente accompagnata da eventuali sanzioni, come la sospensione del diritto di voto nel Consiglio, è delineata nell’articolo 7(2) e (3) ed è spesso chiamata il braccio sanzionatorio. (6) Tuttavia, l’applicazione di questa procedura ha trovato un ostacolo rilevante nella necessità di raggiungere l’unanimità degli Stati Membri per sospendere il diritto di voto di uno di essi. Uno degli impedimenti più forti all’iniziativa sanzionatoria è giunto dal Primo ministro Ungherese, Viktor Orbán, il quale aveva già assunto un impegno pubblico a difendere la Polonia qualora l’UE avesse tentato di adottare sanzioni ai sensi di questa disposizione del Trattato.

La Commissione ha quindi seguito una strada diversa: ha deciso di avviare una procedura di infrazione relativa alla “Legge sull’organizzazione dei Tribunali ordinari”, approvata dal Senato il 15 luglio 2017. Tale legge violerebbe, infatti, da un lato le norme UE in materia di discriminazione di genere, differenziando l’età pensionabile per i giudici di sesso maschile e femminile, dall’altro minerebbe l’indipendenza dei Tribunali polacchi, consentendo al governo di sostituire i tribunali inferiori nello svolgimento della loro funzione. La procedura d’infrazione si riferisce sotto quest’ultimo aspetto in particolare alla violazione dell’articolo 19 (1) del TUE e dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE. 

Dunque, l’intervento della Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE) si configura come essenziale, soprattutto a partire dalla consapevolezza del fatto che, di fronte a tali nuovi sfide, è necessario un adeguamento della prassi delle istituzioni, creata in un contesto che in passato lasciava spazio a più ottimismo. La Corte di Lussemburgo si trova di nuovo ad accogliere la richiesta della Commissione, come fatto in precedenza nel contesto di un’altra azione di infrazione a seguito dell’aumento del taglio di legname nella foresta di Białowieża, sito protetto Natura 2000: in quell’occasione il governo polacco aveva pubblicamente manifestato l’intenzione di ignorare l’ingiunzione provvisoria della Corte di giustizia di sospendere tutti i tagli di legname. (7)

Tra il 2018 e il 2019 sono state avviate in totale quattro procedure di infrazione sullo Stato di diritto e la democrazia nei confronti della Polonia. La Corte di giustizia dell’Unione Europea ha permesso di intervenire efficacemente su alcune violazioni del principio di indipendenza della magistratura nelle cause riguardanti: il pensionamento anticipato dei giudici della Corte suprema; quello dei giudici del Tribunale ordinario; la legittimità della Camera disciplinare della Corte suprema. In particolare, a seguito della sentenza della CGUE del 24 giugno 2019, i giudici della Corte suprema sono stati reintegrati nei loro posti di lavoro. 

Tuttavia, sempre nel 2019, a seguito della rielezione del Presidente del Consiglio Mateusz Morawiecki, in Polonia si è proceduto alla riconferma delle riforme giudiziarie con sempre più influenza dell’esecutivo sull’apparato giudiziario. In particolare con la legge del 20 dicembre 2019, alcuni Tribunali penali di altri Stati membri dell’UE hanno messo in discussione le garanzie giudiziarie offerte dal sistema polacco nel contesto della cooperazione giudiziaria nell’Unione Europea e del mandato d’arresto europeo (MAE).

Nel 2021 la Corte di giustizia europea, dopo una serie di ricorsi presentati dalla Commissione, con un’ordinanza cautelare ha imposto alla Polonia il pagamento di una penalità giornaliera di 1 mln di euro. (8) L’obiettivo era quello di incoraggiare lo Stato membro in questione ad attuare quanto prima le misure che gli sono state imposte. Già un anno prima, il 16 dicembre 2020, per arginare il procedere di riforme lesive della democrazia in Polonia – non solo –, il legislatore UE ha adottato un regolamento che istituisce un regime generale di condizionalità per la protezione del bilancio dell’Unione in caso di violazione dei principi dello Stato di diritto negli Stati membri. Secondo tale regolamento, il Consiglio può adottare misure come la sospensione dei pagamenti a carico del bilancio dell’Unione o la sospensione dell’approvazione di uno o più programmi finanziati dal bilancio UE nei Paesi in questione. (9) I due Paesi più interessati, la Polonia e l’Ungheria, si sono opposti alla decisione (definita come “un’interferenza illegale”) appellandosi alla Corte di Giustizia europea. Quest’ultima, respinto il ricorso, ha confermato la compatibilità del regime di condizionalità con i Trattati UE.

Ora la Commissione presieduta da Ursula von der Leyen dovrà valutare i tempi e le modalità attraverso cui potrebbe arrivare a privare i due Stati membri di parte dei fondi stanziati nell’attuale bilancio pluriennale (2021-2027) e nell’ambito del Next Generation EU. Considerando che Bruxelles ha già messo in stand by l’iter di approvazione dei Piani nazionali di ripresa e resilienza (Pnrr) di 36 miliardi di euro per la Polonia e di 7,2 miliardi di euro per l’Ungheria, il rischio più grande per questi due Stati è quello di perdere anche i fondi normalmente ricevuti dal bilancio UE. (10) Dinanzi alle limitazioni della libertà di informazione, dei diritti delle donne, di quelli delle minoranze, nonché della riforma del sistema giudiziario polacco, le istituzioni dell’UE hanno dimostrato un’elevata unità e fermezza nel condannare gli aspiranti autocrati oltrecortina. 

Per concludere, si ritiene necessario sottolineare come questi due anni difficili di pandemia abbiano mostrato un’Unione Europea sempre più solidale, ove le sue azioni per risolvere l’attuale emergenza sanitaria si sono dimostrate di carattere politico e ispirate a forti concezioni egualitarie. Inoltre, con la recente guerra ai confini dell’UE, si dovrebbe richiamare un’unitaria responsabilità nella ricerca di risposte comuni e scongiurare che uno Stato membro come la Polonia possa adottare riforme sempre più lontane dai valori fondanti dell’Unione Europea.

Sitografia

(1) Risposta del primo vicepresidente Timmermans per conto della Commissione europea all’interrogazione scritta presentata da Claude Rolin (PPE), E-009716-16.

(2) https://eur-lex.europa.eu/resource.html?uri=cellar:2bf140bf-a3f8-4ab2-b506-fd71826e6da6.0017.02/DOC_1&format=PDF

(3) https://www.questionegiustizia.it/articolo/la-riforma-del-sistema-giudiziario-polacco-e-le-risposte-del-consiglio-d-europa-un-quadro-dal-2015-ad-oggi

(4) COM(2014) 158 final/2; Per maggiori informazioni vedere il link seguente: http://www.sidiblog.org/2014/05/06/il-nuovo-quadro-dellue-per-rafforzare-lo-stato-di-diritto-un-contrappeso-ai-limiti-di-applicazione-della-carta-ex-articolo-51/

(5) https://www.europarl.europa.eu/news/it/press-room/20171110IPR87824/rule-of-law-and-democracy-in-poland-at-risk-parliament-ready-for-next-steps

(6) https://eprints.mdx.ac.uk/23663/1/2017Aug%20PECH%20and%20SCHEPPELE%20Rule%20of%20Law%20Backsliding%20in%20EU%20CYELS%20FINAL%20preprint.pdf P. 3

(7) https://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=196944&pageIndex=0&doclang=it&mode=lst&dir=&occ=first&part=1&cid=667955

(8) https://curia.europa.eu/jcms/upload/docs/application/pdf/2021-10/cp210192en.pdf

(9) https://curia.europa.eu/jcms/upload/docs/application/pdf/2021-12/cp210217en.pdfù

(10) https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/ungheria-polonia-e-stato-di-diritto-una-vittoria-europea-33309#:~:text=Polonia%20e%20 Ungheria%20si%20 erano,interni%20dei%20 singoli%20 stati%20 membri

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