UE-CINA: dall’inclusività al distacco?

L’evoluzione dei rapporti UE-Cina dal 1975 al 2001: dagli inizi all’adesione cinese all’OMC.

 

I rapporti EU-Cina si sviluppano tracciando una climax sin dal momento in cui nascono (1975); tuttavia, vanno incontro anche a serie battute d’arresto, come testimonia la rivolta degli studenti di Piazza Tienanmen nel 1989. [1]

Il Trade and Cooperation Agreement (1985) e l’apertura di una delegazione permanente della Commissione europea a Pechino (1988) segnano in una consecutio la formalizzazione e la maturazione delle relazioni tra le parti. Ma il gelo che cala su di esse nel 1989 lascerà spazio ad una normalizzazione dei rapporti solo intorno la metà degli anni Novanta: negli anni che precedettero il riavvicinamento l’Europa si presentava infatti come l’odd man out (il grande assente) del miracolo economico asiatico che intanto aveva preso piede e al quale gli Stati Uniti avevano già preso pienamente parte attraverso la creazione di un Foro di Cooperazione economica Asia-Pacifico (APEC) nel 1989.[2]

Di fronte alla crescita ininterrotta che negli anni Novanta Pechino vantava ormai da tre decenni circa, nelle principali nazioni europee inizia a farsi strada, oltre al fascino crescente per il mondo asiatico, il desiderio d’intensificare le proprie relazioni con quella nuova area del globo. Quest’onda d’interesse viene accolta dalla Commissione europea che in Towards a New Asia Strategy decide di riflettere il sentimento serpeggiante: era il primo tentativo di adozione di una visione integrata e presumibilmente equilibrata dei rapporti tra l’UE ed i paesi asiatici tutti.[3]

Dall’apparizione del documento, i cambiamenti che si verificano in Asia, dove la Open Door Policy (1978) aveva consentito al vecchio socialismo di unirsi al libero mercato, e in Europa vanno incontro ad un’escalation tale che sul finire degli anni Novanta s’incomincia ad avvertire l’esigenza di un piano d’uguaglianza tra le parti. Precisamente pochi giorni prima l’11 settembre 2001, venne pubblicata una seconda Comunicazione europea: un quadro strategico per rafforzare le relazioni di partenariato Europa-Asia.[4]

Nella Comunicazione del 1994 si leggeva infatti con preoccupazione: “L’ascesa dell’Asia ha drasticamente modificato l’equilibrio mondiale del potere economico. Secondo le stime della Banca Mondiale, entro il 2000 la metà della crescita economica globale verrà dall’Asia orientale e sud-orientale. […] Se intende mantenere il suo ruolo guida nell’economia mondiale l’Unione deve provvedere con urgenza a rafforzare la sua presenza economica in Asia”. E ancora: “L’Unione europea dovrebbe sviluppare il suo dialogo con l’Asia cercando il modo di associare sempre più quest’ultima alla gestione delle questioni internazionali attraverso una “partnership” di eguali capace di svolgere un ruolo costruttivo e stabilizzante nel mondo”.[5]

Con il nuovo atto si aggiorna così la strategia del 1994 ponendo l’accento su sei aspetti essenziali: rafforzare l’impegno dell’UE nei confronti dell’Asia in materia politica e di sicurezza, intensificare i rapporti commerciali e i flussi d’investimento reciproci, contribuire efficacemente a ridurre la povertà in Asia, promuovere il rispetto dei diritti umani, la democrazia, il buon governo e lo Stato di diritto, stringere alleanze mondiali con i principali partner dell’Asia, incoraggiare una migliore conoscenza reciproca fra UE e Asia.[6]

Ma, il 2001 è pure l’anno in cui la Cina diventa, con un accordo entrato in vigore nel mese di dicembre, il 143esimo membro dell’OMC. L’Unione si è rivelata uno dei principali sostenitori della non facile e timorosa[7] adesione della Cina all’Organizzazione: anzi, rispetto all’approccio statunitense, l’UE ha agito da vero mediatore. L’interesse europeo era mosso dalla volontà che Pechino, grazie ad un mercato aperto ed un controllo legislativo più stretto, potesse acquisire più riguardo nei confronti dei diritti umani e della democrazia: condizionare ed incapsulare, almeno potenzialmente, il colosso cinese nella propria gabbia normativa era lo scopo. Inoltre, l’Europa era dell’idea che una Cina più libera e liberalizzata avrebbe potuto prendere parte alla creazione di un ordine mondiale fondato sul multilateralismo (oltre al “particolare” che la mancata adesione cinese avrebbe compromesso la credibilità dell’OMC come ente di diritto internazionale).[8]

L’ingresso ha aperto la strada ad una nuova stagione delle relazioni cinesi col mondo intero: non a caso oggigiorno è un attore centrale sulla scena internazionale. Considerato in passato un acerrimo nemico, il capitalismo è stato rivalutato in chiave di compromesso ideologico necessario per raggiungere un preciso obiettivo: lo sviluppo economico del Paese.[9] Per dirla con le parole di Deng Xiaoping: non importa se il gatto è bianco o nero, finché riesce a catturare i topi è un buon gatto.

 

La “lunga marcia” europea verso l’affrancamento dalla Cina: cosa suggerisce lo scenario attuale?

 

Sebbene l’adesione cinese all’OMC abbia fatto dell’UE il principale partner commerciale della Cina, oggi l’Unione sta scegliendo di muoversi seguendo il cosiddetto de-risking. Questa è l’espressione usata dalla Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen nell’ambito del discorso tenuto al Mercator Institute for China Studies il 30 marzo 2023.[10]

Citando il portale ISPI: “Secondo un documento redatto dalla Commissione europea, oggi ci sono ben 137 prodotti strategici per cui l’UE è considerata eccessivamente dipendente da attori esterni. Di questi, ben il 52% arriva dalla Cina. […]. La Cina si è affermata negli anni come un leader del settore [delle energie rinnovabili] e, secondo le stime dell’International Energy Agency, oggi controlla gran parte dell’offerta (circa il 60%) degli elementi alla base della produzione della tecnologia green, come le terre rare, e la loro raffinazione (circa il 90%). Di conseguenza, la transizione energetica europea poggia in gran parte su basi made in China […]”.[11]

È quindi chiara la necessità d’intraprendere un cammino più autonomo, dove, però, autonomo non significa slegato: in un mondo interconnesso come quello attuale non sarebbe infatti pensabile rinunciare alla Cina. Similmente, la necessità cinese di accedere al mercato europeo è la “carota” che l’Europa usa per esercitare la sua influenza su Pechino. Morale: non un taglio netto dei rapporti, ma una via per difendere le esposizioni dell’Unione dall’ambizione cinese d’internazionalizzare i suoi prodotti.

Un esempio calzante sono le auto elettriche, cavallo di battaglia della Cina. Per internazionalizzarle, l’UE è per Pechino una “stazione” necessaria, poiché le case automobilistiche cinesi non hanno ancora conquistato una quota di mercato importante in Europa.[12] I produttori cinesi, che puntano su prezzi molto più vantaggiosi, vogliono superare l’ostacolo, ma la risposta europea è stata tutt’altro che gradita: ritenendo che la tendenza cinese a proporre prezzi bassi provochi distorsioni di mercato, il 13 settembre 2023 la Commissione europea ha avviato un’indagine sui veicoli provenienti dal territorio cinese. Queste le parole della Presidente von der Leyen: “L’Europa è aperta alla concorrenza; non a una corsa al ribasso”.[13]

Al contrario, procede a gonfie vele la penetrazione della Cina nel mercato russo. “Da gennaio a marzo [2023] le aziende cinesi hanno venduto più auto in Russia che in qualsiasi altro paese del mondo, iniziando a riempire il vuoto lasciato dall’esodo dei marchi occidentali […]”.[14] Il Dragone rosso sta infatti approfittando dell’isolamento del Cremlino sul piano internazionale, vestendo gli abiti del buon vicino.

Dal canto suo, per compensare la diminuzione dei volumi di gas verso l’Europa, dall’inizio dell’invasione in Ucraina Mosca ha aumentato i flussi verso la Cina. In risposta, Pechino, protetta dalla sua posizione di equidistanza, si è assicurata petrolio russo a basso costo, con la conseguenza che le importazioni cinesi di oro nero sono aumentate del 22% nell’arco del 2022.[15]

Un abbraccio, quello tra Cina e Russia, dal sapore perciò di appoggio e dipendenza, ma anche di sfida all’Occidente: nel 2023, Mosca è infatti salita al primo posto per forniture di petrolio a Pechino, oltrepassando così l’Arabia Saudita.[16]  Che il Presidente Putin sia quindi disposto a rendere la Federazione vassalla della Cina? Che l’UE possa fare da ago della bilancia in questa liaison russo-cinese?

 

[1] Ostermann Falk, Stepan Matthias, “EU-China relations: Strategic or pragmatic, the future or already the past?”, Atlantisch Perspectief, 2001, Vol. 35, No. 2, p. 20.

[2] Serradell Pou Victor, “Relaciones Unión Europea-China”, Revista CIDOB d’Afers internacionals, 2003, No. 63, p. 103.

[3] Ibidem.

[4] Comunicazione della Commissione europea al Consiglio, del 4 settembre 2001, “Un quadro strategico per rafforzare le relazioni di partenariato Europa-Asia”. https://eur-lex.europa.eu/IT/legal-content/summary/enhancing-the-asia-strategy.html

[5] Comunicazione della Commissione europea al Consiglio, del 13 luglio 1994, “Verso una nuova strategia nei confronti dell’Asia”. https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:51994DC0314

[6] Vedere nota 4.

[7] Una delle remore cinesi circa l’accesso all’OMC era rappresentata dalle eventuali ripercussioni che esso avrebbe generato in un settore arretrato come quello agricolo. Ma, non solo: un ulteriore ostacolo era pure quello legato agli aggiustamenti che la Cina avrebbe dovuto portare avanti. L’uniformità amministrativa, la trasparenza, il controllo giurisdizionale, la non-discriminazione erano aspetti a cui l’ideologia cinese era estranea.

[8] Paternollo Valentina, Il decennale dell’adesione della Cina al WTO: proposta di traduzione e commento traduttologico di due articoli specialistici, Università Ca’ Foscari, Venezia, 2014, p. 25.

[9] Papi Lucia, “Cina e WTO: analisi di un compromesso, tra economia e diritto”, Università degli studi “Roma Tre”, Roma, 2009, p. 207.

[10] “Discorso della Presidente von der Leyen sulle relazioni UE-Cina al Mercator Institute for China Studies e allo European Policy Center”. Sito web ufficiale Commissione europea, 30 marzo 2023. https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/speech_23_2063

[11] “Summit UE-Cina: più rivalità, meno partnership”, ISPI, 4 dicembre 2023. https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/summit-ue-cina-piu-rivalita-meno-partnership-155252

[12] Ibidem.

[13] Romano Beda, “Von der Leyen: «Indagine su auto elettriche cinesi». E arruola Draghi sulla competitività”, Il Sole 24 Ore, 13 settembre 2023.

[14] Bosco Federico, “La sinificazione dell’economia russa (e le sue conseguenze)”, Linkiesta, 19 luglio 2023. https://www.linkiesta.it/2023/07/russia-economia-cina-dipendente/

[15] “Russia e Cina, quanto conta l’energia tra i due “cari amici””, QualEnergia, 21 marzo 2023. https://www.qualenergia.it/articoli/russia-cina-energia-cari-amici/

[16] Carpani Filippo Jacopo, “La Russia inonda la Cina di petrolio: così Putin sfida le sanzioni”, Il Giornale, 20 gennaio 2024.

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