Una ricostruzione storica del progetto di difesa comune europea: “Ieri e Oggi”

A un mese circa dalle elezioni europee, quattrocento milioni di cittadini provenienti dai ventisette Stati membri si prestano a plasmare il futuro dei prossimi cinque anni. Nel frattempo, la Commissione europea ha varato una proposta per il rafforzamento della difesa comune revisionando e osservando nuove misure, tra vantaggi e varie criticità.

La storia di questo progetto ha inizio quasi settanta anni fa. Nonostante l’idea di un’unità europea fosse presente da secoli, è stata proprio la fine della Seconda Guerra mondiale a dare il via a nuove e significative trasformazioni del sistema internazionale: in primis la rinascita della pace tra i popoli europei, una riconciliazione fortemente desiderata dopo gli orrori delle due grandi guerre; la devastazione del conflitto determinò, inoltre, il tramonto dell’eurocentrismo e la conseguente dislocazione dei poteri al di fuori del vecchio continente, verso le due nuove superpotenze (USA e URSS); infine, il problema tedesco ebbe una nuova modalità d’approccio con l’adozione del multilateralismo e la cooperazione fra i vari Paesi.

Storicamente il processo di creazione della Comunità europea di Difesa (CED) è passato per luoghi importanti come Casablanca, Yalta e Potsdam, città in cui era stato deciso il futuro dell’Europa. Proprio negli anni successivi alla guerra, il teatro degli accordi politici ed europei tra le varie superpotenze fu il vecchio continente, in un clima decisamente mutato tra gli Stati Uniti e l’URSS. Alcune delle promesse fatte alla fine della guerra, infatti, non vennero mantenute da nessuna delle parti: gli Alleati smobilitarono le proprie truppe, mentre i Russi ne mantennero gran parte. Tra il 1944 e il 1947, i comunisti scatenarono la guerra civile in Grecia e si opposero al Piano Marshall costringendo la Cecoslovacchia e la Polonia, interessate ad aderire al Piano, all’impossibilità di parteciparvi. Questa successione di eventi portò nuovamente all’attenzione il problema della difesa dell’Europa.

In questo contesto, la nascita del Trattato di Bruxelles ha rappresentato il primo tentativo apparente di costruzione di una difesa comune, e viene considerato dagli storici più che altro come una tappa o una transizione verso un negoziato più “solido” che, mosso principalmente dall’interesse americano per la difesa dell’Europa e per il suo consolidamento, porterà poi alla firma del Patto Atlantico del 4 aprile 1949. Nel periodo di tempo in cui gli Stati stavano aderendo al patto, un noto evento storico incentivò questa rinascita europea: il progetto di una Costituzione europea. Promossa sia da Winston Churchill che dal suo genero, l’esponente del Partito conservatore britannico Duncan Sandys, a promozione di questo testo costituzionale, si svolse nella cittadina olandese dell’Aja, nel maggio del 1948, e beneficiò di una risonanza internazionale anche grazie alla partecipazione dei più autorevoli esponenti politici dei diciassette Paesi. Il Congresso divenne così un momento di riflessione e di propaganda a favore del progetto europeo, che risultò poi nella firma e la conseguente nascita, il 5 maggio del 1949, del Consiglio d’Europa. Veniva così istituito un sistema bicefalo che prevedeva la creazione di un’assemblea consultiva con il compito di elaborare progetti di statuto, di costituzione e di unificazione europea da passare in seguito al Consiglio speciale dei Ministri, che avrebbe dovuto decidere se approvare o meno i progetti. Il cammino per la realizzazione del modello di integrazione europea raggiunse il suo primo traguardo con la soluzione del problema tedesco, il 18 aprile del 1951, portando così all’istituzione della Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA).

Sin dalle sue origini, la storia del processo d’integrazione europea venne contraddistinta dalle lunghe e complesse relazioni fra gli Stati membri e le loro diverse necessità e peculiarità. Il dialogo fra le parti portò in un determinato frangente internazionale ad una svolta storica, presentata poi da Monnet con il nome di “Piano Pleven”. Il progetto fu inizialmente criticato dai Francesi, i quali consideravano inaccettabile l’idea che la Germania disponesse di un suo esercito, viste le vicende passate. Per questo motivo, venne dunque proposta un’alternativa: la Germania non avrebbe ricostituito un suo esercito, ma al contrario, si sarebbe creato un esercito europeo comune composto da sei divisioni, al quale la Germania avrebbe contribuito soltanto con propri uomini. In altre parole, non ci sarebbe stato un esercito tedesco, ma soldati tedeschi messi al servizio di un polo europeo integrato. I soldati non avrebbero avuto elementi di riconoscibilità e avrebbero fatto parte dell’esercito in maniera individuale e non come parte dell’esercito tedesco. Inoltre, la Germania non avrebbe potuto partecipare con i suoi ufficiali alla catena di comando. La proposta, dopo alcune modifiche richieste dagli Americani e soprattutto grazie all’astuzia e l’intelligenza diplomatica di Monnet, ebbe un suo primo rapporto intermedio in cui venne definita la struttura della Comunità europea di Difesa (CED).

La relazione innescò un importante dibattito, di cui Alcide de Gasperi divenne assoluto protagonista. La riflessione nacque da un’osservazione e una critica del governo italiano sulla questione dell’esercito europeo, di fatto alla base della creazione di una coalizione militare di eserciti nazionali. Per De Gasperi, invero, il sistema della difesa era parte integrante della politica umanitaria di uno Stato e doveva di conseguenza muoversi in linea con la sua particolare politica estera ed economica. L’altra questione sollevata dall’esponente della Democrazia Cristiana riguardava il finanziamento per le attività della futura CED. Chi avrebbe controllato l’uso del bilancio? Dopo la fine della guerra, l’Italia, come altri Paesi europei, verteva in una condizione economica tale per cui non poteva permettersi l’invio di quasi metà del proprio bilancio nazionale per il mantenimento della CED. Dunque, come si risolse la situazione? De Gasperi propose di creare una comunità politica europea (CPE) che si sovrapponesse alla CED o che l’assorbisse al suo interno, dotata di un profilo istituzionale capace di attribuirgli sia un potere legislativo che esecutivo. Secondo Alcide De Gasperi, perché l’esistenza di un esercito europeo avesse senso, sarebbe stato necessario creare prima uno Stato europeo. La proposta incontrò il favore di Francia e Germania e venne così formulato l’Art. 38 del trattato della CED che venne sottoscritto il 27 giugno del 1952. Il giorno prima, si concludeva la conferenza di Petersberg e venivano firmati gli Accordi di Bonn che restituirono piena sovranità alla Germania, condizionandola altresì all’adozione del trattato della CED.

«L’Europa si fa con l’esercito o con la moneta» 1

Così si espresse nel dicembre del 1951 Alcide De Gasperi, dopo aver combattuto per sciogliere i timori dei propri colleghi contro una ratifica normativa della CED. È proprio per questo motivo che la storia insegna e può essere utile per capire l’urgenza e la concreta possibilità di un doveroso rinnovo del progetto di difesa europea. A distanza di anni, i recenti conflitti hanno aumentato la consapevolezza della minaccia di una non imminente, ma comunque non impossibile, guerra nel nostro continente. Parlando all’European Defence and Security summit, la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha recentemente affermato: «Dobbiamo iniziare a lavorare sul futuro della
nostra architettura di sicurezza, con tutta la rapidità e la volontà politica necessarie, i Paesi membri saranno sempre responsabili delle loro truppe e di tutte le decisioni ad esse collegate, dal reclutamento all’addestramento, dalla dottrina allo schieramento, e questo è il fondamento assoluto per ogni Stato membro, ma l’Europa ha anche strumenti e responsabilità in settori critici per la nostra difesa» 2 aggiungendo l’importanza verso la canalizzazione politica ed economica comune «dal mercato unico alla ricerca, dall’innovazione all’industria e molto altro ancora. Dobbiamo utilizzare la forza finanziaria, strutturale e politica dell’Europa laddove può avere il massimo impatto, perché la difesa dell’Europa è un compito di tutta l’Europa, con gli Stati membri e le istituzioni dell’Ue che lavorano in stretta collaborazione» 3.

Va espressamente chiarito che in tema di difesa le istituzioni europee non effettuerebbero acquisti di armamenti, bensì coopererebbero per attivare una serie di uffici e prassi allo scopo di coordinare gli Stati membri verso un programma di potenziamento comune. Il programma porrà l’attenzione anche verso le diverse criticità del progetto, partendo dagli incentivi pubblici che dovranno sostenere la futura spesa europea, arrivando poi alla questione principale, ovvero quella della reale dipendenza degli Stati membri nel partecipare e aderire al progetto. Josep Borrell, l’alto rappresentante dell’Unione europea per gli Affari esteri e la politica di sicurezza ha espresso più volte la necessità di progredire verso una politica di difesa comune necessaria al fronte dei repentini cambiamenti geopolitici di questi ultimi anni: «Ora l’Ue sta entrando nella terza fase della sua costruzione: la prima, nel 1957, è stata con il mercato comune, poi l’accelerazione dell’integrazione economica con il mercato e la moneta unica, la terza fase invece è iniziata con la guerra in Ucraina, che porterà alla nascita di un forte pilastro della sicurezza e della difesa europea» 4. Gli sviluppi geostrategici impongono dunque all’Europa il dovere di concretizzare al più presto ciò che De Gasperi vide nel 1952 ovvero l’attuazione di una linea comune verso una scacchiera che sta ormai mutando pericolosamente. Inoltre, va aggiunto che per la nostra Nazione il concetto stesso di Unione Europea è oggi più che mai vitale vista la modernità raggiunta dai vecchi e nuovi concorrenti strategici sui vari settori del mercato mondiale. Pur rimanendo in molti dei “sicuri” alleati non bisognerà abbassare la guardia verso le Nazioni che hanno subito un importante upgrade negli ultimi anni, al fine di dimostrare sia a noi stessi che all’Unione Europea il nostro modello e ruolo centrale di attori protagonisti.

1 Tiziana Di Maio, Questioni di Unione, capitolo: Difesa comune: l’opinione dei cittadini europei a cura di Silvia Bruno, Tiziana Di Maio e Giovanni Ferri, Rubbettino Editore, 2022, p. 159.

2 Ursula Von der Leyen, La difesa comune non viola le competenze dei paesi, Ansa.it Europa.
https://www.ansa.it/europa/notizie/rubriche/altrenews/2024/04/17/von-der-leyen-la-difesa-comune-non-viola-lecompetenze-dei-paesi_ebd26cfc-5147-465d-a0f7-c1afcc3e3e97.html.

3 Ursula Von der Leyen, La difesa comune non viola le competenze dei paesi, Ansa.it Europa.
https://www.ansa.it/europa/notizie/rubriche/altrenews/2024/04/17/von-der-leyen-la-difesa-comune-non-viola-lecompetenze-dei-paesi_ebd26cfc-5147-465d-a0f7-c1afcc3e3e97.html.

4 Elena Dal Maso, Josep Borrell: la guerra in Europa non è una fantasia, prepariamoci alla difesa. Ma Leonardo cade in borsa, ecco perché, Milano Finanza, 10 aprile 2024.
https://www.milanofinanza.it/news/josep-borrell-la-guerra-in-europa-non-e-una-fantasia-prepariamoci-alla-difesama-leonardo-cade-in-borsa-202404091311254142

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

You May Also Like