Il Pilastro europeo dei diritti sociali alla prova della pandemia.

1. Il Pilastro europeo dei diritti sociali.

La dimensione sociale dell’Unione europea rappresenta una delle sfide più significative dell’intero processo di integrazione europea. Nonostante la mancanza di adeguate e specifiche competenze dell’Unione europea in materia e, quindi, di una vera e propria politica sociale comune, nel corso degli anni, le Istituzioni europee hanno contribuito a realizzare notevoli progressi in campo sociale, attraverso l’adozione di strumenti normativi ed economici, finalizzati soprattutto a coordinare le diverse tradizioni nazionali. Tra gli esempi più significativi e recenti, occorre rammentare il Pilastro europeo dei diritti sociali, solennemente proclamato il 17 novembre 2017 dal Parlamento europeo, dal Consiglio e dalla Commissione, nel corso del Vertice sociale per l’occupazione e la crescita eque, svoltosi a Göteborg, e adottato proprio per costruire “un modello di crescita sempre più inclusivo e sostenibile, migliorando la competitività dell’Europa e rendendola più propizia agli investimenti, alla creazione di posti di lavoro e al rafforzamento della coesione sociale[1]”.

Esso mira a fungere da guida – tanto per l’UE che per i singoli Stati membri – per garantire una corretta attuazione ed applicazione dei diritti sociali dei cittadini europei nonché per conseguire nuovi e più efficaci risultati sociali ed occupazionali, in risposta alle crisi che hanno duramente colpito gli assetti economici, finanziari e sociali di molti Stati membri. Più precisamente, esso esprime 20 principi e diritti fondamentali, articolati in tre categorie (parità di opportunità e accesso al mercato del lavoro – condizioni di lavoro eque – protezione e inclusione sociali), volti ad assicurare l’equità e il buon funzionamento dei mercati del lavoro e dei sistemi di protezione sociale. Alcuni principi, invero, sono espressione di diritti già presenti nell’acquis dell’Unione, mentre, altri, di nuovo conio, sono stati aggiunti con l’obiettivo di fungere da faro per affrontare le future sfide derivanti dai cambiamenti sociali, tecnologici ed economici in atto. In particolare, l’attuazione di tutti i diritti e gli obiettivi sociali, di cui si compone il Pilastro europeo, dipende dalla capacità dell’Unione, degli Stati membri e dei governi locali di condividere le rispettive responsabilità nonché di collaborare politicamente, pur nel rispetto delle reciproche competenze e dei principi di proporzionalità e sussidiarietà.

2. Il Piano d’azione e gli obiettivi dell’Europa sociale.

Il Piano d’azione del Pilastro europeo dei diritti sociali è stato presentato dalla Commissione europea in data 4 marzo 2021. Esso definisce una serie di misure ed azioni, in parte già intraprese dalla Commissione, e propone tre specifici obiettivi sociali comuni da raggiungere – a livello dell’UE – entro il 2030. Indubbiamente, come sopra appena accennato, l’attuazione dei principi e diritti del Pilastro europeo può raggiungere un alto grado di effettività soltanto con la partecipazione attiva di tutti i livelli di governance e delle singole parti sociali, essenzialmente volta alla costruzione di un’Europa sociale più forte, più equa e più inclusiva entro il 2030, a vantaggio di tutti gli europei.

Tra le più significative azioni già intraprese, in tal senso, dalla Commissione UE, vi rientrano: la Raccomandazione relativa ad un sostegno attivo ed efficace all’occupazione (EASE), volta a delineare misure strategiche e fondi disponibili per promuovere, nelle economie nazionali, la creazione di posti di lavoro e le transizioni professionali verso i settori digitale e verde; la proposta di Direttiva relativa ai salari minimi adeguati, presentata al fine di assicurare una retribuzione adeguata ed equa per tutti i lavoratori europei; la nuova strategia in materia di diritti delle persone con disabilità per il periodo 2021-2030, proposta al fine di promuovere l’inclusione sociale e aumentare le pari opportunità nel territorio dell’UE; la Comunicazione sull’Unione europea della salute, con cui la Commissione ha affrontatole tematiche della resilienza, dell’accessibilità ed efficacia dei sistemi sanitari dell’UE. In materia di accesso alla protezione sociale nell’UE, la Commissione ha, altresì, invitato tutti gli Stati membri a mantenere vive le misure eccezionali, adottate durante la pandemia, per favorire l’estensione della protezione sociale anche ai disoccupati, ai lavoratori atipici e ai lavoratori autonomi, in linea con la Raccomandazione del Consiglio (2019) sull’accesso alla protezione sociale.

In relazione agli obiettivi dell’Europa sociale, è opportuno menzionare i tre ambiziosi obiettivi sociali comuni da dover raggiungere entro il 2030: entro tale data almeno il 78% della popolazione di età compresa tra i 20 e i 64 anni dovrà svolgere un’attività lavorativa, almeno il 60% di tutti gli adulti dovrà partecipare annualmente ad attività di formazione ed, infine, dovrà registrarsi un’ingente riduzione – di almeno 15 milioni – del numero di persone a rischio di povertà o di esclusione sociale.

Più recentemente, è stato compiuto un ulteriore passo in avanti sulla strada intrapresa nel 2017: nel corso del Vertice sociale di Porto (2021), conferenza ad alto livello organizzata dalla presidenza portoghese, i leader europei, le Istituzioni europee, le parti sociali e i rappresentanti della società civile hanno manifestato e rafforzato il loro impegno a favore di una concreta attuazione del Pilastro europeo dei diritti sociali: “[…] Come stabilito nell’agenda strategica 2019-2024 dell’UE, siamo determinati a continuare ad approfondire l’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali a livello dell’UE e nazionale, tenendo debitamente conto delle rispettive competenze e dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità[2][…].

3. L’impatto sociale della pandemia e la risposta europea.

Il fenomeno epidemiologico del Coronavirus ha ulteriormente evidenziato l’esigenza di un’azione più incisiva delle istituzioni europee, sia per attenuare gli effetti socio-economici e sanitari derivanti dalla crisi pandemica sia per sopperire all’inadeguatezza degli strumenti a disposizione degli Stati membri, stante il carattere transnazionale dell’emergenza. In tale ottica, le Istituzioni europee hanno concordato un Piano per la ripresa dell’Europa (Recovery Plan for Europe) proprio per tentare di riparare i danni socio-economici causati dall’emergenza sanitaria e rendere le economie e le società dei paesi europei più sostenibili, resilienti e pronte ad affrontare nuove sfide ed opportunità.

In particolare, il Piano per la ripresa dell’Europa si fonda sul bilancio a lungo termine dell’UE per il periodo 2021-2027, che costituisce, inevitabilmente, la base di tutti i programmi e gli investimenti che consentiranno all’UE di superare la crisi, creare nuovi posti di lavoro e costruire un’economia sostenibile per le generazioni future. Al fine di realizzare tutti i predetti obiettivi, i leader europei, in data 21 luglio 2020, hanno approvato un “pacchetto” di 1.824,3 miliardi di euro, così ripartiti: 1.074,3 miliardi di euro costituiscono il Quadro Finanziario Pluriennale 2021–2027 (QFP), mentre 750 miliardi di euro sono destinati ad uno strumento straordinario di sostegno temporaneo, denominato Next Generation EU”(NGEU).

Il Next Generation EU rappresenta un programma, unico nel suo genere, volto a favorire la tenuta sociale e la ripresa economica dell’Europa. Nell’ambito di questo strumento, la Commissione europea è autorizzata a contrarre prestiti, per conto dell’Unione, sui mercati dei capitali fino ad un importo massimo pari a 750 miliardi di euro, che vengono utilizzati al solo scopo di far fronte alle conseguenze della crisi da Covid-19. Gli aiuti a titolo di Next Generation EU vengono erogati sotto forma di prestiti e sovvenzioni, tramite sette diversi strumenti, il più importante dei quali è il Dispositivo per la ripresa e la resilienza, volto a finanziare i Piani nazionali per la ripresa e la resilienza (PNRR).

I Paesi dell’UE possono avere accesso ai fondi del Dispositivo per la ripresa e la resilienza presentando piani nazionali che definiscono i rispettivi programmi di riforme ed investimenti fino al 2026. Come previsto dal regolamento istitutivo, i piani devono destinare almeno il 37% delle risorse alla transizione climatica e almeno il 20% alla transizione digitale, ma devono anche contenere obiettivi di coesione e inclusione sociale. I piani nazionali vengono dapprima valutati dalla Commissione europea sulla base dei criteri stabiliti nel regolamento e, successivamente, approvati dal Consiglio. Attualmente, ben 22 Paesi dell’UE hanno già ottenuto il via libera per ricevere tali finanziamenti e la Commissione ha già erogato gli acconti previsti.

È, inoltre, importante menzionare un ulteriore dispositivo finanziario introdotto dall’Unione in risposta alla crisi pandemica, che configura un concreto e innovativo intervento di solidarietà sociale: il cosiddetto Support to mitigate Unemployment Risks in an EmergencySURE. Trattasi di un altro strumento finanziario di sostegno, a carattere temporaneo, dell’ammontare di 100 miliardi di euro, finanziato con emissioni di obbligazioni sociali (‘social bonds’) emesse per la prima volta dalla Commissione europea nel mese di ottobre 2020. Lo strumento è finalizzato a fornire assistenza finanziaria agli Stati membri che ne facciano richiesta allo scopo di proteggere i posti di lavoro. I prestiti erogati dall’UE sono concessi a condizioni di favore.

4. Conclusioni

L’Unione europea ha fornito, pur nel doveroso rispetto delle proprie competenze, risposte puntuali ed efficaci alla crisi pandemica e ha contribuito a prevenire o a mitigare le conseguenze socio-economiche. La pandemia ha evidenziato l’assoluta centralità della dimensione sociale nell’ambito del processo di integrazione europea e ha rappresentato un’occasione unica per dotare l’Unione di nuovi strumenti di solidarietà. La risposta europea all’emergenza sanitaria si è concretizzata nell’adozione di una serie di strumenti normativi e finanziari fortemente emblematici di un nuovo slancio di solidarietà, che ha consentito agli Stati membri di rafforzare la protezione sociale dei loro cittadini. Al momento, tuttavia, si tratta di strumenti a carattere prettamente temporaneo. Di conseguenza, sarà compito degli Stati membri dimostrare di saper utilizzare in maniera coerente e corretta gli strumenti a loro disposizione, al fine di assicurare una ripresa economica e sociale equilibrata e duratura, tanto a livello nazionale quanto a livello dell’UE. E’ auspicabile che, anche alla luce di questa esperienza, si possa procedere allo sviluppo di strumenti a carattere permanente e alla graduale costruzione di un vero sistema europeo di solidarietà sociale.


[1]Commissione europea, Proposta di proclamazione interistituzionale sul pilastro europeo dei diritti sociali, COM(2017) 251,Bruxelles, 26 Aprile 2017, pag. 4.

[2]Consiglio dell’Unione europea, Comunicato stampa 338/21 –  Dichiarazione di Porto dell’8 maggio 2021.

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