Il diritto ad un salario “minimo, decente e giusto”: utopia o realtà?

 

Il diritto al lavoro e il diritto ad un’equa retribuzione rappresentano diritti sociali fondamentali molto importanti, soprattutto nell’attuale contesto socio-politico-economico europeo.

Il ruolo dei salari minimi adeguati, nella protezione dei lavoratori a basso salario, è particolarmente rilevante, atteso che tali lavoratori sono più vulnerabili in quanto più esposti alle conseguenze socio-economiche che si registrano sovente durante i periodi di contrazione dell’economia.

La tematica, oggetto d’interesse, relativa al diritto al lavoro e ad una retribuzione cd. “minima, decente e giusta” è stata, da sempre, considerata e attenzionata dall’ex Presidente del Parlamento europeo, David Maria Sassoli. A conferma di ciò, infatti, è bene rammentare che il Presidente Sassoli, in occasione del Consiglio europeo sul futuro dell’Europa, tenutosi in data 16.10.2021, ha esordito affermando, innanzitutto, che, a seguito della crisi pandemica generata dalla diffusione del COVID-19, i cittadini europei e l’Unione tutta hanno bisogno “anche e soprattutto di un nuovo progetto di speranza, un progetto che ci accomuni, un progetto che possa incarnare la nostra Unione, i nostri valori e la nostra civiltà, un progetto che sia ovvio per tutti gli europei e che ci permetta di unirci”.

Secondo l’opinione dell’ex Presidente Sassoli, tale progetto di speranza deve essere “costruito intorno a tre assi forti, a un triplice desiderio di Europa che sia unanimemente condiviso da tutti gli europei: quello di un’Europa che innova, di un’Europa che protegge e di un’Europa che sia faro” grazie al suo modello democratico.

Più precisamente, egli stesso ha voluto evidenziare, durante il discorso tenuto all’EUCO sul futuro dell’Europa, che “proteggere” i cittadini europei significa anche adoperarsi affinché “ciascuno di essi possa vivere dignitosamente del proprio lavoro, con un salario minimo decente e giusto”.

Proprio il diritto di tutti i lavoratori ad una retribuzione “minima, decente e giusta”, in grado di offrire un tenore di vita dignitoso a chicchessia, è, altresì, oggetto del Capo II del Pilastro europeo dei diritti sociali.

Esso, in particolare, è uno strumento normativo, proclamato a Göteborg il 17 novembre 2017 dal Parlamento europeo, dal Consiglio e dalla Commissione, che esprime 20 principi e diritti fondamentali, articolati in tre categorie (parità di opportunità e accesso al mercato del lavoro – condizioni di lavoro eque – protezione e inclusione sociali), volti ad assicurare l’equità e il buon funzionamento dei mercati del lavoro e dei sistemi di protezione sociale.

In particolare, proprio il Capo II del Pilastro europeo dei diritti sociali sancisce una serie di principi che fungono da guida per garantire, in tutti gli Stati membri dell’UE, condizioni di lavoro eque. Tra questi principi, possiamo ricordare, per esempio:  il principio n. 6 del Pilastro, secondo il quale devono sempre essere garantiti salari minimi adeguati che soddisfino i bisogni dei lavoratori e delle loro famiglie, in funzione delle condizioni economiche e sociali nazionali, salvaguardando, al contempo, l’accesso al lavoro e gli incentivi alla ricerca di un nuovo lavoro; il principio n. 8 del Pilastro, secondo il quale le parti sociali devono essere consultate per l’elaborazione e l’attuazione delle politiche economiche, occupazionali e sociali nel rispetto delle prassi nazionali nonché incoraggiate a negoziare e concludere contratti collettivi negli ambiti di loro interesse, nel rispetto della propria autonomia e del diritto all’azione collettiva.

Appare, dunque, evidente l’intenzione del legislatore europeo di attribuire una grande importanza al diritto dei lavoratori UE ad ottenere una retribuzione equa e dignitosa. E ciò, in quanto migliori condizioni di vita e di lavoro, realizzabili, senza ombra di dubbio, anche attraverso la garanzia di salari minimi adeguati, apportano inevitabilmente vantaggi sia ai lavoratori che alle imprese dell’Unione, oltre ad essere un presupposto fondamentale per conseguire una crescita equa, inclusiva e sostenibile.

Il diritto al lavoro nella legislazione primaria e secondaria dell’UE.

Il diritto al lavoro, quale diritto (sociale fondamentale) di tutti i cittadini ad ottenere una piena occupazione e una conseguente equa retribuzione minima, viene riconosciuto e garantito ai cittadini europei sia dal diritto primario che dal diritto secondario dell’UE.

Nel dettaglio, a titolo esemplificativo, possiamo, innanzitutto, rammentare che il Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea (TFUE), agli articoli 9 e 151, menziona la necessità, tanto per l’Unione quanto per gli Stati membri, tenuti presenti i diritti sociali fondamentali, di garantire costantemente un’adeguata protezione sociale nonché promuovere un elevato livello di occupazione, il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro dei cittadini europei e il dialogo sociale.

Inoltre, anche la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (art. 31), quale  strumento normativo di diritto primario, sancisce il diritto di ogni cittadino a lavorare in condizioni di lavoro sane, sicure e dignitose.

A livello di diritto secondario dell’UE, invece, possiamo ricordare che, in data 19 ottobre 2022, il Parlamento europeo e il Consiglio hanno adottato la Direttiva 2041/2022, relativa ai salari minimi adeguati nell’Unione europea.

 L’obiettivo primario della Direttiva è quello di promuovere e creare condizioni di vita e di lavoro favorevoli, al fine di garantire ai lavoratori degli Stati Membri UE una retribuzione minima adeguata.

Per tale ragione, la predetta Direttiva ha istituito un quadro per: a) l’adeguatezza dei salari minimi legali al fine di conseguire condizioni di vita e di lavoro dignitose; b) la promozione della contrattazione collettiva sulla determinazione dei salari; c) il miglioramento dell’accesso effettivo dei lavoratori al diritto alla tutela garantita dal salario minimo ove previsto dal diritto nazionale e/o da contratti collettivi.

I principali destinatari della Direttiva sono tutti i lavoratori dell’UE con un contratto o un rapporto di lavoro. Tuttavia, la Direttiva n. 2041/2022 non mira assolutamente ad imporre agli Stati membri l’obbligo di introdurre un salario minimo legale, laddove la formazione dei salari è già garantita esclusivamente mediante contratti collettivi né l’obbligo di dichiarare un contratto collettivo universalmente applicabile.

Inoltre, conformemente a quanto previsto dall’articolo 153, paragrafo 5, TFUE, la Direttiva in questione non si pone l’obiettivo di armonizzare il livello dei salari minimi nell’Unione né tantomeno quello di istituire un meccanismo uniforme per la determinazione dei salari minimi. Essa, piuttosto, affida agli Stati membri il compito di definire il cd. “salario minimo”, tenendo conto del costo della vita e dei più ampi livelli di retribuzione.

Per quanto concerne la valutazione dell’adeguatezza dei salari minimi legali, di cui all’articolo 5 (capo II) della Direttiva in argomento, gli Stati membri, in cui sono previsti salari minimi legali, dovranno definire dei criteri, conformemente alle rispettive prassi nazionali, da utilizzare ai fini della determinazione e dell’aggiornamento degli stessi salari minimi, tenendo in considerazione determinati elementi quali il potere d’acquisto dei salari minimi legali, il livello generale dei salari e la loro distribuzione, il tasso di crescita dei salari.

In ogni caso, a prescindere dalla modalità di determinazione delle retribuzioni minime adeguate, la Direttiva promuove (artt. 4 e 7) la contrattazione collettiva, con riferimento alla determinazione e all’aggiornamento dei salari minimi.

La definizione di un quadro giuridico europeo in materia di determinazione dei salari minimi adeguati risulta di particolare rilevanza se si considera che vi sono diversi Stati membri dell’Unione, tra i quali l’Italia, nei quali non esiste un salario minimo stabilito per legge.

Conseguentemente, con riferimento a questi Paesi, è bene ribadire che il recepimento della Direttiva non comporterà l’obbligo dell’adozione di un salario minimo legale né quello di dichiarare un contratto collettivo applicabile erga omnes. Pur tuttavia, gli Stati membri, in sede di attuazione della Direttiva, dovranno rispettare e conseguire l’obiettivo primario della Direttiva stessa ovverosia promuovere salari minimi adeguati e favorire il miglioramento dell’accesso effettivo dei lavoratori al diritto di ottenere un salario minimo adeguato.

Infine, gli Stati membri dovranno adottare le misure necessarie per conformarsi alla Direttiva entro il 15 novembre 2024. La Commissione europea, entro il 15 novembre 2029, previa consultazione degli Stati membri e delle parti sociali a livello dell’Unione, dovrà effettuare una valutazione in ordine alla concreta applicazione della Direttiva da parte degli Stati membri. Successivamente, la stessa Commissione UE presenterà al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione, ove verrà esaminata l’attuazione della Direttiva e proporrà, ove necessario, le opportune modifiche legislative.

In conclusione, dunque, possiamo affermare che, mediante l’adozione della Direttiva n. 2041/2022, il legislatore europeo, sulla scorta del desiderio espresso dal Presidente Sassoli, ha voluto assicurare ai lavoratori europei condizioni di vita dignitose, fornendo loro una “protezione”, affinché “ciascuno di essi possa vivere dignitosamente del proprio lavoro, con un salario minimo decente e giusto”.

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