Perché non possiamo non dirci europei

Perché non possiamo non dirci europei

A distanza di un anno dal Workshop finale e dalla Tavola rotonda dall’omonimo titolo “Perché non possiamo non dirci europei” e a pochi giorni della celebrazione del 70° anniversario della Dichiarazione Schuman, condividiamo con voi i temi principali trattati durante i nostri eventi, sui quali, tutt’oggi, risulta ancora necessario riflettere. L’attuale crisi sanitaria, sociale ed economica, infatti, ha certamente posto nuove sfide per il processo di integrazione europea, che si sono insediate all’interno di un contesto già fortemente compromesso dalle minacce di disgregazione della nostra Unione.

Le due giornate di riflessione e di dibattito – svoltesi il 15 e il 16 maggio 2019 e organizzate dall’Osservatorio Germania-Italia-Europa (OGIE), in collaborazione con la LUMSA e le Rappresentanze in Italia della Konrad-Adenauer-Stiftung e della Commissione europea – hanno visto la partecipazione di studenti, docenti e personalità del mondo accademico, rappresentando la conclusione di un progetto di ricerca sviluppatosi nei mesi precedenti, nell’ambito del quale i membri dell’OGIE hanno avuto l’opportunità di confrontarsi con illustri relatori, nel corso di tre workshop preparatori all’evento finale.

L’iniziativa ha preso spunto dalla crisi del processo di integrazione europea e si è proposta di analizzare le principali sfide che l’Unione, ancora oggi, è chiamata a fronteggiare, tra le quali l’ascesa dei partiti populisti negli Stati membri, lo sviluppo di un sentiment di disaffezione dei cittadini europei nei confronti delle Istituzioni, nonché la persistenza di un deficit democratico nell’UE.

A tal proposito, il lavoro di ricerca condotto dai membri dell’OGIE si è posto l’obiettivo di rilanciare i valori ispiratori posti alla base del progetto europeo, nella convinzione che solo mediante la riscoperta delle caratteristiche che ci rendono europei e delle ragioni dello stare insieme, sia possibile dare nuova linfa all’attuale Unione e superare la crisi del processo di integrazione.

Durante la prima giornata di lavori, tenutasi presso la Sala Pia della LUMSA di Roma, i membri dell’Osservatorio Claudia Alberico, Adriana Brusca, Laura Di Giovanna, Teresa Leto, Gaia Nicolicchia e Thomas Schaumberg hanno presentato i risultati delle loro analisi, aventi ad oggetto delle riflessioni su alcuni Stati membri dell’Unione europea: Francia, Germania, Italia, Polonia, Regno Unito, Romania, Spagna e Ungheria.

Nel corso dell’incontro – al quale ha partecipato, in qualità di discussant, il Dott. Daniele Fattibene (Research Fellow dell’Istituto Affari Internazionali – IAI) – i relatori hanno ricostruito le ragioni della partecipazione di ciascuno Stato considerato al processo di integrazione europea e le criticità che in essi sono riscontrabili, per procedere, sulla base dell’indagine svolta, all’individuazione di alcune soluzioni rispetto ai problemi emersi.

Diverse le questioni che sono state affrontate e sulle quali si è incentrato il dibattito. Particolare attenzione è stata rivolta all’immigrazione, anche in rapporto all’uso strumentale che ne ha fatto la propaganda populista. La discussione sul tema ha evidenziato l’incapacità del Regolamento di Dublino di far fronte alla gestione dei flussi di migranti e ha messo in evidenza la necessità di una vera politica comune in materia migratoria, che sia ispirata alla tutela dei diritti fondamentali e al principio di solidarietà.

Il problema dei limiti all’azione dell’Unione è venuto in rilievo anche in relazione al tema della politica estera di sicurezza e difesa comune dell’UE. I relatori hanno sottolineato che le regole del Trattato consentono agli Stati di sviluppare una politica estera autonoma, così di fatto impedendo all’Unione di agire quale unico e incisivo attore sul piano internazionale e di fronteggiare adeguatamente le sfide sollevate da nuovi e vecchi attori del panorama geopolitico, quali la Cina e gli Stati Uniti.

Si è, altresì, discusso di dumping sociale, fenomeno in base al quale le imprese hanno localizzato prioritariamente la propria attività in aree in cui, per la legislazione più flessibile e i minori costi del lavoro, si è favorita la produzione di beni e servizi che, secondo quanto sostenuto nella Risoluzione n. A8-0255/2016 approvata dal Parlamento europeo nel settembre 2016, ha condotto al verificarsi di ipotesi di concorrenza sleale.

La riflessione sulla Brexit si è sviluppata lungo due linee di indagine: il particolare regime giuridico che il Regno Unito è riuscito a ritagliarsi attraverso le clausole di opting out e l’integrazione dell’art. 50 TUE per effetto della prassi che gli Stati e le Istituzioni hanno posto in essere, integrando il lacunoso dettato normativo che il Trattato di Lisbona ha dedicato all’istituto.

E’ stato trattato, inoltre, il caso spagnolo, inteso quale modello contrapposto alle politiche fondate sull’austerità e quale nuova locomotiva dell’economia dell’Eurozona.

Nella giornata del 16 maggio, invece, ha avuto luogo, presso la Sala Giubileo, la Tavola rotondaPerché non possiamo non dirci europei” – appuntamento conclusivo del medesimo progetto –, durante la quale i membri dell’OGIE Chiara Mattei e Vincenzo Mignano hanno sottoposto all’attenzione di S.E. l’Amb. Giulio Maria Terzi di Sant’Agata (Presidente esecutivo – Global Commitee for the Rule of Law, già ministro degli Affari Esteri), del Cons. Luca Laudiero (Direzione Generale per l’Unione Europea – MAECI) e del Dott. Pier Virgilio Dastoli (Presidente – Consiglio Italiano del Movimento Europeo, CIME) il testo e i tredici punti della Carta programmatica, redatta dall’OGIE sulla base del lavoro di ricerca compiuto con l’intento di sviluppare, nella società e nelle istituzioni, un dibattito sul rilancio del processo di integrazione. A tale fine, il documento – come meglio sarà specificato in seguito – contiene una serie di proposte intese a dare nuova linfa all’Unione Europea.

I lavori della Tavola rotonda sono stati introdotti dal Magnifico Rettore dell’Università LUMSA, Prof. Francesco Bonini, il quale ha sottolineato l’importanza della collaborazione tra la LUMSA e la Rappresentanza in Italia della Konrad-Adenauer-Stiftung, nonché la rilevanza dell’attività di ricerca condotta dai membri dell’OGIE e la responsabilità che grava sulle nuove generazioni nell’approfondimento delle sfide che l’Unione Europea è chiamata a fronteggiare.

In seguito, è intervenuta la Prof.ssa Tiziana Di Maio – direttore scientifico dell’OGIE, docente di Storia delle Relazioni internazionali e Presidente del Corso di Laurea Magistrale in Relazioni internazionali della LUMSA – la quale ha introdotto il progetto di ricerca realizzato durante l’A.A. 2018/2019 richiamandone la cifra culturale, sintetizzata nella formula mutuata dal filosofo Benedetto Croce «Perché non possiamo non dirci europei» e sottolineando come essa voglia essere un invito a ripartire dall’idea originaria che avviò il processo di integrazione il 9 maggio del 1950, nel convincimento che questa sia, ancora oggi, la base dalla quale ripartire per raggiungere la meta – necessaria e imprescindibile – di un’Europa unita. La professoressa Di Maio, esponendo la visione dell’OGIE, ha sottolineato come la diffusione di una visione euroscettica e di sentimenti ostili all’integrazione possa essere bloccata solo se, partendo dalle origini del processo di integrazione e dai valori che lo hanno ispirato, si recuperino le ragioni profonde che hanno sorretto la formazione delle Comunità, l’ampliamento della platea degli Stati membri nel segno della condivisione di quei valori e il progressivo approfondimento dei vincoli interni a esse e all’Unione. Nella prospettiva tracciata, il recupero dell’identità comune costituisce, dunque, un passaggio ineludibile per la formazione di un senso di appartenenza e di una volontà di partecipazione attiva alla vita istituzionale e democratica dell’UE, che appaiono tanto più necessari nell’attuale contingenza. Per questa ragione – ha concluso la professoressa Di Maio – il progetto ha voluto coniugare la linea di ricerca attenta a ricostruire le ragioni dell’integrazione e la dimensione valoriale che in essa ha preso forma con la disamina delle politiche dell’Unione e dei processi che hanno generato all’interno dei singoli Stati, nel tentativo di comprendere i malumori diffusi e la sfiducia verso l’UE e le sue istituzioni, sentimenti che hanno finito per sfociare in fenomeni di aperta opposizione all’integrazione. Questa seconda direttrice di ricerca ha permesso di elaborare la già citata Carta programmatica, obiettivo finale del lavoro: essa non è e non vuole essere un programma organico per l’UE, ma ha un’ambizione diversa. Attraverso il recupero dell’Appello ai cittadini europei, agli Stati membri dell’Unione e ai rappresentanti delle Istituzioni europee lanciato nel 2018, la Carta individua alcune questioni la cui soluzione è considerata fondamentale ai fini del rilancio dell’UE e formula delle proposte, legate ai valori e ai principi ispiratori dell’integrazione, sulle quali intende aprire un dibattito con la società civile, l’Università, il mondo della cultura, i futuri eurodeputati e tutti i gruppi politici esistenti in seno al Parlamento europeo. Il documento persegue, dunque, il duplice e connesso obiettivo di stimolare un dibattito ampio sull’Unione e sulla costruzione del suo futuro e di alimentare una partecipazione diffusa, attiva e consapevole alla vita delle sue istituzioni, poiché essa costituisce l’unico antidoto alla deriva populista e alla crisi della rappresentanza politica.

La Tavola rotonda – moderata dal Dott. Stefano Polli (Vicedirettore – ANSA) – è stata arricchita dai commenti e dagli interventi dei relatori presenti, i quali hanno fornito diversi spunti di riflessione per i futuri lavori di ricerca dell’Osservatorio, ponendo l’accento su diverse questioni.

Tra queste, ha assunto particolare rilevanza quella relativa all’identità europea: sotto tale profilo, l’Ambasciatore Terzi di Sant’Agata ha evidenziato come “la politica estera e di sicurezza abbia dimostrato che l’Europa ha perso la propria anima…siamo portatori di valori che ci consentono di credere, di lottare, di andare avanti ogni giorno”.

Si tratta di un’affermazione che ben si allinea agli obiettivi che l’OGIE tenta di perseguire attraverso i suoi progetti, volti, peraltro, a fornire un contributo alla promozione di un’educazione alla cittadinanza europea.

In ordine alle sfide economiche e sociali che caratterizzano l’attuale quadro comunitario, articolate nei punti della Carta programmatica, l’Ambasciatore ha posto l’accento sugli squilibri presenti nell’Eurozona e sull’importanza non solo di una “collaborazione tra Italia e Germania sull’approfondimento di queste tematiche”, ma anche di un dialogo tra tutti i Paesi membri dell’UE.

I temi della democrazia e della pace sono stati al centro dell’intervento del Presidente del CIME, Pier Virgilio Dastoli, il quale, nel commentare il lavoro conclusivo dell’OGIE, ha ricordato che tali conquiste non devono essere ritenute “scontate all’interno della nostra società”, sottolineando come l’UE abbia garantito il più lungo periodo di pace tra gli Stati membri, nonché “le opportunità che possono essere offerte soltanto dalla dimensione europea, e che le dimensioni nazionali non sono in grado di garantire”. In questa prospettiva, pace e democrazia assumono rilevanza in funzione del futuro sviluppo del processo d’integrazione.

Le criticità attuali – secondo il Prof. Dastoli – derivano dal modo attraverso cui sono stati redatti i Trattati, nonché dal contenuto e dalle modalità di applicazione di talune disposizioni ivi contenute: “in alcuni casi, le opportunità sono diventate concrete”, in altri – come la politica fiscale, l’azione esterna o la gestione dei flussi migratori – le competenze degli Stati, con riferimento a determinati settori, hanno impedito all’Unione Europea “di funzionare”.

Il Cons. Luca Laudiero, invece,ha fatto riferimento al contesto istituzionale dell’UE, descrivendolo quale “edificio che deve essere adattato ai cambiamenti epocali che sono avvenuti negli ultimi trent’anni”; cambiamenti, questi, che non sono stati sufficientemente fronteggiati mediante l’operato delle istituzioni europee, che si sono sovente mostrate incapaci di rispondere alle sfide attuali, “determinando quella distanza che viene percepita tra l’Unione Europea e i suoi cittadini”.

Proseguendo nella sua disamina, il Cons. Laudiero ha dichiarato l’importanza – quale obiettivo finale “di medio termine” – della riforma dei Trattati, evidenziandone, tuttavia, la difficile realizzazione: per tale ragione, risulta più auspicabile porre in essere interventi a “trattati costanti”, dando risalto a quelle azioni e a quegli argomenti che già sono presenti in agenda a Bruxelles e a Strasburgo, quali il completamento dell’unione bancaria e dell’unione monetaria, l’armonizzazione delle politiche fiscali, l’adeguamento del bilancio dell’Unione e lo sviluppo in tema di investimenti e di ricerca.

Al latere della Tavola rotonda, è intervenuto il Prof. Marco Evola – referente dell’OGIE e docente di Diritto dell’Unione Europea (LUMSA) – il quale ha auspicato il rilancio del processo di integrazione europea, attraverso l’adozione di scelte politiche forti che guardino al rispetto dei diritti umani e all’armonizzazione delle tutele sociali, quali obiettivi prioritari il cui raggiungimento risulta, ancora oggi, più che mai necessario.

Da quanto è emerso dal dibattito, la necessità di operare un cambio di rotta – volto al rilancio del processo di integrazione – si presenta, tutt’oggi, più che mai essenziale.

Le sfide che l’Unione è chiamata a fronteggiare richiedono un ritorno ai valori posti a fondamento del progetto europeo e una maggiore consapevolezza delle conseguenze che l’affidamento alle politiche nazionaliste e securitarie e la crescente distanza tra i cittadini dell’UE e le istituzioni comunitarie potrebbero provocare.

Il caso greco – in materia di politica fiscale ed economica – la Brexit, il fallimento dell’azione esterna dell’Unione e l’insorgere sempre più insistente di movimenti populisti all’interno degli Stati membri rappresentano dei chiari segnali disgregativi: per tali ragioni, parrebbe opportuna l’attuazione di scelte coraggiose che consentano di perseguire davvero quell’unione “sempre più stretta”, sancita nel Preambolo al Trattato sull’Unione Europea (TUE).

Gli spunti di riflessione maturati durante le due giornate di conferenza hanno condotto i membri dell’OGIE ad approfondire ulteriormente il lavoro di ricerca per il nuovo A.A. 2019-2020, tenendo in debito conto i mutati contesti istituzionali a livello europeo e le rinnovate sfide poste dal corrente panorama geopolitico globale.

A tal proposito, l’Osservatorio si è occupato di redigere un Manifesto per l’UE a 70° dalla Dichiarazione Schuman: pubblicato in occasione della Festa dell’Europa, tale documento si propone di rivolgere un invito agli Stati membri dell’Unione, affinché questi – alla luce delle vecchie sfide che, ormai da tempo, rallentano lo sviluppo del processo di integrazione e delle nuove minacce poste dall’attuale pandemia – pongano in essere un’azione congiunta, coordinata ed efficace, applicando pienamente i principi di solidarietà e leale cooperazione già sanciti nei Trattati e contribuendo, in tal senso, alla creazione di un’effettiva unione politica tra i Paesi dell’UE.  

Parallelamente, allo scopo di fornire un contributo all’approfondimento dei principali temi che alimentano il dibattito a livello europeo, nonché delle modalità con le quali l’UE sta operando per arginare la pandemia, l’OGIE, periodicamente, sta pubblicando – nel suo blog e nelle sue pagine social – dei focus connessi alle più rilevanti sfide attinenti l’attuale emergenza sanitaria.

Le attività sopra esposte si affiancano alla realizzazione del progetto Europa aedificanda est, un’iniziativa che si fonda sugli stessi principi ispiratori che hanno dato vita ai lavori degli scorsi anni e che si pone, in relazione a questi, in una linea di progressiva continuità ideale e valoriale. In tal senso, gli obiettivi principali che l’OGIE intende perseguire sono: diffondere e aggiornare i contenuti della Carta Programmatica attraverso l’apertura di un dibattito su diversi livelli, nonché ridurre l’antica distanza tra cittadini e Istituzioni comunitarie, individuando e proponendo modelli comunicativi efficaci contro la disinformazione sull’UE e sul suo operato.

Il progetto avrà il suo culmine in un evento – che si terrà nell’Anno Accademico venturo – nell’ambito del quale i membri dell’OGIE presenteranno i risultati del loro lavoro di ricerca e premieranno i vincitori del Contest “Thinking of EU”, un’iniziativa artistica che sarà lanciata nei prossimi mesi e che si pone l’obiettivo di invitare i giovani partecipanti ad esprimere, attraverso il loro talento, la propria idea di cittadinanza europea.

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